mercoledì 13 febbraio 2013

Sintesi Gnostica

by Massimo Enzo Grandi

Dopo aver dato uno sguardo ad alcuni dei testi gnostici rinvenuti a Nag Hammadi all'inizio di questo secolo, (o almeno alle traduzioni che ne sono state tratte in italiano, tedesco, ed inglese) mi sono reso conto che questi testi vengono esposti con una terminologia e con un continuo crescendo che potrebbero essere paragonati ad una composizione di musica, si ha l'impressione di scorgervi qua e là dei ritmi che ricordano in modo impressionante le danze sacre in uso in Oriente.

Se non fosse per la difficoltà del testo e l'apparente illogicità di certi punti, la lettura dà effettivamente l'idea di un concerto divino di cui ne avevamo perso lo spartito, ma purtroppo anche di questi testi sono andate smarrite per sempre delle parti che non possiamo sapere se di primaria importanza o meno.

Questi capolavori sono stati scritti originariamente in varie lingue correnti in quei secoli, quindi dimostrano che la loro diffusione era alquanto estesa all'inizio della nostra era cristiana, anzi, gli stessi testi si assumono la responsabilità della detenzione dell'unica verità (il nome stesso "gnosi" è tradotto come verità) ma come purtroppo ben sappiamo, tutti gli ordini religiosi di questa nostra epoca asseriscono di essere loro gli unici, e non penso che duemila anni fa la situazione fosse stata migliore.

Ritornando al nostro discorso posso garantire che ciò che viene letto in queste antiche pagine è così dettagliato ma anche così logico, che si potrebbe pensare che lo si stia scrivendo anzicchè leggendo; malgrado ciò furono ritenuti testi eretici e condannati dalla Chiesa che stava prendendo sempre più potere nel mondo (difficile qui pronunciarsi sui metodi utilizzati in quanto non siamo ancora in grado di concepire un tempo che ormai si allontana sempre più).

Negli stessi testi Gesù rivela ad alcuni apostoli delle verità le quali non possono essere rese manifeste a chiunque dato i pericoli che potrebbero subentrare dall'errata interpretazione ed utilizzazione delle stesse quindi comprendiamo anche la Chiesa che si oppose alla divulgazione di insegnamenti usabili a doppio taglio. Ora comunque il fatto del ritrovamento e della normale circolazione di queste manifestazioni stà in un certo senso a dimostrare che il piano divino ritiene giunto il momento della loro divulgazione ma purtroppo ancora al giorno d'oggi la maggior parte della gente comune non è in grado di seguire discorsi che parlano dei profondi significati dello Spirito Santo ed al solo nominare dei "Testi Gnostici" li fà indietreggiare con un "Vade retro Satana" senza neppure chiedersi cosa in realtà essi siano.

Cosa sono i Testi Gnostici? Di cosa parlano?

Riassumere l'insieme dei testi è un lavoro così complesso ma piacevole nello stesso momento, visto che si ha occasione di ragionarli ulteriormente scoprendone la melodia base.

L'ideale per chiunque fosse interessato sarebbe di leggerseli tutti uno dietro l'altro, ma sicuramente, oltre forse ad una questione di tempo, c'è il fatto dello stimolo della voglia di conoscenza che purtroppo in molti di noi comuni mortali ha bisogno di essere risvegliato.

Ecco che come aperitivo ho deciso di servire alcuni punti base di questa Gnosi così a lungo rimasta nascosta in una giara nel deserto prima, ed in una casa di contadinidopo, dove alcuni rotoli completi, e parte di altri, furono utilizzati "a scopi domestici".

Innanzitutto la Genesi viene descritta con armonia nei minimi dettagli, vi troviamo anzicchè il classico "nulla" un unica entità che riempie il tutto e definita come Monade, Testa degli éoni, Padre, Silenzio, Spirito Invisibile, Virgineo, Metropator.

Rappresentando il Padre la perfezione, e non avendo alcuna necessità, egli creò una manifestazione di sè stesso, un riflesso, un'immagine del pensiero monadico chiamata Barbelo, Gloria della Barbelo, Perfetta Forza, Pronoia del Tutto, Madre, Sua Immagine, I'Ennoia e, guarda caso, anche con il suo stesso nome Metropator ... ( in altre parti anche Sofia, chiamata Pistis).

Essendo la sua immagine ne possiede anche quasi tutte le qualità ma non la perfezione, mancando logicamente di quel "qualcosa" che rende la Monade ciò che è nell'intimo.

Barbelo chiede e riceve dalla Monade la prima Conoscenza, l'Immutabilità, la Vita Eterna e la Verità.

Fin qui non si può ancora parlare di due esseri distinti essendo una il pensiero dell'altra, abbiamo solo una Pentade degli éoni (pentade in quanto in cinque parti: Pensiero - Conoscenza - Immutabilità - Vita Eterna - Verità) definita anche Pentade degli éoni Bisessuati cioè Decade degli éoni, primo "Uomo" (non l'essere umano) o più semplicemente Pronoia, cioè il Padre/Madre (Metropator).

Questa, per così dire, qualità che si è venuta a creare è praticamente la base dalla quale scaturiscono le varie forze della creazione, e come prima manifestazione dei due/Uno; ecco apparire l'Unigenito, l'Autogenerato, la Luce Pura, la Bontà, la Luce Pura Unta dal Padre, il quale non manca di nulla e "diviene" Perfetto.

Praticamente qui abbiamo una spiegazione della trinità che appare logica dato che ci si presenta con una definizione che rasenta la situazione famigliare terrena: la Monade paragonabile allo Spirito Santo riflette sè stesso in due elementi uguali quasi in tutto (positivo/negativo - yin/yan - maschile/femminile) i quali essendo essi divisi, ma parte di un Uno, assumono il ruolo di Padre-Madre (difatti hanno anche lo stesso nome Metropator) e poi in seguito alla "unione-separazione" di queste qualità riflesse, scaturisce la Luce Perfetta frutto della perfezione e della sua immagine, cioè il Figlio, Cristo. ("Io sono nel Padre e il padre è in me")

Il subentrare di un terzo elemento causa delle necessità di organizzazione in questo nucleo, per ciò il Figlio necessita dell'Intelligenza (che viene affiancata dalla Bontà come attributo) la quale gli viene elargita dal Padre, e ciò significa che Luce e Intelligenza manifestano la realtà creata dal Figlio per mezzo dello Spirito Invisibile, cioè per mezzo del Silenzio.

Ora a rigor di logica tutto ciò che è al di fuori del Silenzio è manifestazione di vibrazione quindi Parola, la Parola non può essere espressa senza Verbo per questo il Figlio (che è l'unico ad essere distinto dal Metropator) assume il nome di Verbo e Parola ... e tramite la Parola viene creato tutto con attributi di Conoscenza, Vita eterna ed Incorruttibilità.

Affiancato al Virgineo Spirito Invisibile il Figlio viene posto sopra ogni autorità e sopra la verità che è in Lui acquisendo onniscenza ed assumendo Il Nome dei Nomi.

In lui vengono oltremodo indicate 4 luminari definiti come Luce e incorruttibilità, Volontà, Pensiero, Vita, che sarebbero gli Eòni ai quali sono affiancate le 4 forze di Comprensione, Grazia, Percezione, Saggezza.

I 4 luminari vengono specificati come segue:

I' Luminare l'Eòne ARMOZEL che è il I' Angelo - egli rappresenta l'incorruttibilità e con lui si trovano gli Eòni di Grazia, Verità e Forma

II' Luminare ORIEL, posto sopra il II' Eòne con gli Eòni di Epinoia, Percezione e Memoria

III' Luminare DAVEITHAI, posto sopra il III' Eòne con gli Eòni di Comprensione, Amore e Idea

IV' Luminare ELELETH, sopra di lui il IV' Eòne e con lui gli Eòni di Perfezione, Pace, Sofia (la saggezza, il grande angelo, colui che sta davanti allo Spirito Santo. La sua immagine è come l'oro scelto, il suo abito come la neve Tutti e quattro i Luminari con i dodici Eòni sono posti davanti al divino Autoghenes e gli appartengono cioè sono parte integrante del suo Essere.

(La posizione dei Luminari è da collegare direttamente con i più conosciuti Arcangeli Michele, Uriele, Gabriele e Raffaele, tra i quali Uriele (o Oriel) è solitamente tralasciato in quanto nel nostro stato umano l'Epinoia, la Percezione e la Memoria sono in uno stato latente; i vari Eòni che sono con loro rappresentano invece gli eserciti degli angeli che permettono ai primi di manifestarsi.)

Ritornando ora a Barbelo seguiamo parallelamente cosa è avvenuto nell'Immagine (cioè nel riflesso). La matassa risulta alquanto ingarbugliata dato che questa Immagine segue la nascita del Figlio e la imita.

Questa imitazione purtroppo non può essere perfetta data l'imperfezione della propria genitrice e la mancanza di partecipazione della Monade, quindi non segue la causa del suo riflesso, come uno specchio, ma assume un'aspetto esclusivo e fuori dall'Intelligenza del Figlio.

Grazie alla sua Conoscenza del Tutto la Madre cerca di porvi rimedio allontanando il frutto del suo Pensiero, cioè Jaldabaoth, rendendosi conto che non si tratta dell'Immagine del Metropator, bensì di qualcosa di deformato che viene raffigurato come una bestia dalle sembianze di Leone (definito anche un simulacro del mondo celeste, Samael, Saklas).

Qui purtroppo tra i vari testi vi sono delle discordanze che rendono difficile il ricostruire l'esatta evoluzione di Jaldabaoth (chiamato anche Saklas e Samael in seguito ad una contaminazione avuta dalla miscelanza della tenebra con la luce, mentre prima la luce, miscelandosi con la tenebra la rese luce), rimangono tuttavia concordi sulla creazione di 12 regni (7 dei cieli e 5 degli abissi) ai quali vengono imposti quali sovrani 12 arconti dai doppi nomi che sono resi partecipi del fuoco dal primo arconte, il quale lo ebbe a sua volta da Barbelo, ma non della sua luce, dato che nella sua ignoranza non sà di possederla.

I nomi dei 12 arconti corrispondono ai segni dello zodiaco.

Vedendo le sue creazioni Jaldabaoth si credette Dio e manifestò il suo pensiero di essere un dio Geloso e della non esistenza di altro Dio all'infuori di lui.

Queste creazioni avevano due nomi in quanto possedevano anche qualità della Barbelo conformi alla gloria celeste, e dedussero subito dell'esistenza di un vero Dio del quale Jaldabaoth era Geloso, altrimenti non avrebbe avuto motivo di esserlo. Barbelo, rendendosi conto di perdere pian piano la propria luce, pregava lo Spirito Virgineo affinchè intervenisse in suo aiuto e quest'ultimo le inviò uno spirito di Perfezione per colmare il suo bisogno ma però fu lasciata al nono Eòne fino a che non avesse colmato la propria deficenza. (In seguito alla Crocifissione di Gesù verrà aiutata dal Cristo a risalire alla testa del tutto).

Ora tutte le potenze ebbero occasione di ammirare riflessa nell'acqua l'aspetto dell'immagine del Primo Uomo inviato loro dal Metropator (il Perfetto, l'Immagine dell'Invisibile, il Padre del Tutto) e decisero di creare anche loro un Uomo a sua Immagine e Somiglianza di modo che potesse splendere solo per loro.

La Bontà creò un'anima di ossa, la Prònoia un'anima di tendini, la Divinità un'anima di carne, la Dominazione un'anima di midolla, il Regno un'anima di sangue, la Gelosia un'anima di pelle, la Sapienza un'anima di Pelo.

La moltitudine di angeli, grazie alle sostanze psichiche ottenute dalle sette potenze, formano in seguito l'unità delle membra e l'unità del corpo con i vari "operatori delle membra" (coordinatori), poi i sensi, la fonte dei demoni che sono le emozioni e le sensazioni le quali sono "utili, anche cattive".

"Ma il loro vero carattere è Amaro, capo dell'anima materiale"

In tutto vi lavorano 365 angeli sino a completarlo del corpo psichico e ilico, mentre, per le passioni, i testi rimandano alla lettura del libro di Zoroastro.

Dopo tutto questo lavoro però il corpo psichico rimase totalmente inattivo ed immobile per lungo tempo.

Il Metropator decide a questo punto di ridare alla Madre la potenza che aveva immesso nel Primo Arconte e, tramite gli angeli, disse a Jaldabaoth (raggirandolo) di soffiare sul corpo psichico affinchè questi si alzasse, e così egli fece, soffiando in lui il suo Spirito che è la potenza che prese dalla Madre.

Nasce qui l'uomo Adamas.

Questo corpo suscitò l'invidia delle altre forze per via della sua potenza e del suo splendore e perchè si dimostò più forte nell'intelligenza di quanto non lo fossero loro così lo precipitarono nella regione più bassa della materia plasmandolo con fuoco terra ed acqua e creando una gran confusione con gli stessi elementi.

Questa situazione viene definita la catena dell'oblio, la creazione del primo uomo mortale, la prima separazione. Questo primo Uomo (Adamas) si trova ora nel "Paradiso" dove gli arconti pongono anche l'albero della loro vita che è l'immagine del loro Spirito.

"Poichè il piacere degli arconti è amaro e la loro bellezza iniquità" dissero ad Adamas di Mangiare liberamente a motivo della cattiva bramosia della procreazione distruttiva.

"Egli non poteva guardare in alto verso la sua Pienezza e misconosceva la nudità della sua abiezione in quanto gli arconti rimasero presso di lui, ma il salvatore lo raddrizzò affinchè mangiasse il Frutto dell'albero della Vita".

Contrariamente, quindi, al classico frutto proibito, abbiamo il Frutto del'Epinòia della Luce, mentre il Serpente (Jaldabaoth) insegnò "loro" (in qualità di vari elementi) a mangiare (definito anche procreare in quanto l'assunzione di cibo "crea" nuovi elementi in lui) prolungando la permanenza di questa scintilla divina negli Uomini.

Volendo in seguito riprendersi il soffio che aveva instillato in Adamo, velò la percezione di quest'ultimo e lo appesantì con l'insensibilità, ma il soffio (l'Epinòia della luce) si nascose bene in lui e il primo arconte non riuscì ad estrarla dal suo fianco, prese comunque una parte della sua Potenza creando un'ulteriore creatura con sembianze di Donna la cui presenza annullò il velo posto su Adamo che in Lei riconobbe la sua Essenza e conobbe Zoe o anche Madre dei Viventi.

Questa "seconda potenza", distinta in Zoe ed Eva, viene istruita nel paradiso dallo Spirito invisibile manifestatosi sotto forma di aquila sull'albero della conoscenza, ma dimostrandosi superiori in intelligenza a Jaldabaoth, questi ne rimase geloso e la scacciò con Adamo dal Paradiso.

Vedendo ciò la Pronoia mandò dei messaggeri che asportarono Zoe da Eva ma il primo arconte riuscì a violentare Eva generando due figli: Eloim, ingiusto, con la testa di orso e Jahve, giusto, con la testa di gatto; Jahve venne preposto al fuoco ed al vento mentre l'altro all'acqua ed alla terra (Caino e Abele).

La Terra rappresenta la fede dove abbiamo la radice,

L'Acqua la speranza di cui ci nutriamo.

Il Vento (l'Aria) l'amore con cui cresciamo.

Il fuoco (La luce) la gnosi.

Adamo subì a sua volta le conseguenze di questa violenza assorbendo il desiderio di procreare e, con l'unione sessuale, suscitò una procreazione "a somiglianza dei corpi", ed allorchè conobbe l'immagine della sua prima conoscenza (l'unione con Eva) generò l'immagine del figlio dell'uomo chiamandolo Seth "seguendo la generazione degli Eòni". La Madre (Metropator) a sua volta mandò il suo Spirito quale immagine per coloro che le assomigliano e come riflesso per coloro i quali sono nella Pienezza, alfine di predisporre una dimora per gli eòni che verranno sulla terra.

Ma il primo arconte fece loro bere l'acqua dell'oblìo affinchè ignorassero da dove venissero, e, Compito dell'umanità è di ritrovare questa forza/luce che è in noi, onde riprendere tutta la potenza che emana dallo Spirito Invisibile per il tramite del Figlio.

Questa è una piccola sintesi della Genesi Gnostica: le varie versioni dei testi (le quali differenziano in alcuni particolari descrittivi le une dalle altre) sono più ricche di dettagli e ne spiegano più approfonditamente le varie azioni ed i vari nomi delle Presenze che agiscono per mezzo degli Arconti e del Demiurgo.

Da mettere in rilievo è comunque il Trattato Tripartito il quale inizia con una definizione del Dio Padre che non posso fare a meno di trascrivere integralmente:

"Egli è una unità, come un numero, essendo il primo ed essendo ciò che lui solo è.
Ma non è come uno che è solitario; altrimenti, come potrebbe essere padre?
Ovunque, infatti, c'è un padre, ne consegue che c'è un figlio.
Ma l'unità, colui che solo è Padre, è come la radice d'un albero con rami e frutti.
Di lui si dice che è padre, in senso proprio, non essendovi alcuno che esista come lui.
E' immutabile, essendo un signore unico ed essendo Dio.
Non v'è alcuno che per lui sia dio; non v'è alcuno che per lui sia padre: non essendo stato generato, non v'è alcuno che l'abbia generato, e non c'è alcuno che l'abbia creato.
Certo, chi è padre e creatore di qualcuno, ha anch'egli un padre e un creatore formatore; tuttavia - in senso proprio - costui non è un padre, non è un Dio, avendo egli pure uno che l'hà generato e creato.
Padre e Dio, in senso proprio, è soltanto colui che non è stato generato da alcuno, mentre egli ha generato e creato il tutto: non ha principio e non ha fine.
Non solo non ha fine - sicchè è immortale, non essendo stato generato-, ma essendo da tutta l'eternità, egli è anche immutabile: egli è colui che è, è colui che costituisce se stesso, è la sua grandezza.
Nè egli si priverà di ciò che è, nè altri l'obbligherà a subire una fine da lui mai voluta, dato che non ebbe un primo autore del suo essere.
Sicchè egli non muta, nè altri potrà privarlo del suo essere, di ciò che egli è, di ciò che costituisce il suo essere, e della sua grandezza: non gli si può sottrarre nulla, né è possibile che altri lo cambi in una forma diversa, che lo diminuisca, che lo trasformi, che lo rimpicciolisca; questa, infatti, è la verità nel senso più pieno: egli è invariabile, è immutabile, l'immutabilità lo riveste.
Non è soltanto colui del quale si dice: -non ha principio- e - non ha fine -, perchè non è generato ed è immortale; bensì, non avendo né principio né fine, è irraggiungibile nella sua grandezza, è inaccessibile nella sua sapienza, è inafferrabile nella sua potenza, è impenetrabile nella sua dolcezza.
In senso proprio, infatti, lui solo è il buono, il Padre non generato, colui che è assolutamente perfetto.
Egli è la pienezza dell'essere, pieno di tutta la sua prole, di ogni virtù e di ogni valore.
Ma ha ancora di più: la bontà assoluta, affinché essi lo possano trovare.
Egli possiede e concede tutto ciò che possiede: nessuno può impedirglielo; non si stanca mai di dare, essendo ricco di ciò che dà, e si riposa in ciò che graziosamente concede.
Tale è, infatti, costui, il suo carattere, la sua sublime grandezza, che non v'è alcuno con lui fin dalle origini; non c'è un luogo ove egli sia o dal quale sia uscito o al quale debba tornare, non c'è un archetipo che gli serva da modello quando si mette al lavoro, non c'è una fatica che lo colga e l'accompagni in ciò che fa, non c'è una materia al suo fianco dalla quale creare ciò che crea, non c'è sostanza a lui immanente dalla quale generare ciò che genera, non c'è un collaboratore che compia con lui il lavoro al quale egli è intento, sicché egli possa dire: è ignoranza.
Bensì, in quanto buono, senza difetti, perfetto, e completo, egli stesso è il tutto; poiché tra i nomi pensati o detti o visti o afferrati, nessuno c'è che si possa applicare a lui neppure i più splendidi, i più eminenti, i più onorati.
È tuttavia possibile pronunciarli a sua gloria e onore secondo la capacità di ognuno di coloro che lo glorificano; ma all'intelletto è impossibile comprenderlo tal quale egli è, nell'essere e nella forma.

Non c'è parola capace di esprimerlo,
non c'è occhio capace di vederlo,
non c'è corpo capace di afferrarlo,
a motivo della sua inaccessibile grandezza,
dalla sua infinita profondità,
della sua altezza al di là di ogni misura,
della sua ampiezza incomprensibile.

La natura del non generato, è così: non è vicina ad alcun'altra cosa, non è abbinato come ciò che è limitato: ha invece una costituzione priva di figura e di forma esterna conoscibile per mezzo della percezione: l'incomprensione è al di là di tutto ciò.
Se è incomprensibile, conseguentemente è inconoscibile, cioè incomprensibile a ogni pensiero, invisibile a tutto, indicibile a ogni parola, intangibile a ogni mano.
Lui solo conosce se stesso così com'è, con la sua forma, la sua grandezza e la sua magnificenza: a lui è possibile comprendersi, vedersi, nominarsi, afferrarsi; infatti, egli è il suo proprio intelletto, il suo proprio occhio, la sua propria bocca, la sua propria forma colui che si comprende, che si vede, che si dice, che afferra se stesso: è l'inconcepibile, l'ineffabile, l'incomprensibile, l'invariabile.

Egli è cibo, piacere, verità, gioia, riposo.
Ciò che egli pensa, ciò che vede, ciò che dice,
ciò che costituisce l'oggetto del suo pensiero,
sovrasta ogni sapienza,
supera ogni intelletto,
supera ogni gloria,
supera ogni bellezza,
ogni dolcezza, ogni grandezza,
ogni profondità,
e ogni altezza.

Certo è inconoscibile la natura di colui al quale appartengono tutte le grandezze delle quali ho parlato; ma se - nella sua sovrabbondante dolcezza - desidera darne la conoscenza affinchè lo si conosca, egli può. Il suo potere è la sua volontà.
Tuttavia adesso, colui che è (veramente) grande, e causa della generazione di tutti alla loro esistenza eterna, si mantiene nel silenzio."

0 commenti:

Posta un commento