mercoledì 13 febbraio 2013

ma lui, chi è?

(Masismo Enzo Grandi – testo del 1994)

Quando ancora frequentavo le scuole elementari (diversi anni orsono), nelle ore di religione non mi sentivo affatto a mio agio, ascoltavo sì con attenzione le parabole di Gesù, ma l'insieme del catechismo, in un certo qual senso, mi urtava; non riuscivo a capire cosa realmente ci fosse da imparare da una storia che finiva così male.

Molti anni ho dovuto subire degli insegnamenti che, a mio parere di adole­scente, erano inutili e campati in aria. Non ero il solo, e questo fatto era una com­prova dei miei sentimenti verso la Dottrina Cattolica, tanto da ritenerla una sorta di ideologia politica tanto forte, rispetto alle altre, da giungere addirittura sui banchi di scuola. Considerato che anche la politica è sempre stata fuori dal mio pensiero di essere umano (questo ancora adesso che sono ormai un uomo "maturo") ritenevo che Dio fosse solo una scusa per poter manipolare le persone più deboli ad esclu­sivo uso e consumo di determinate associazioni composte da uomini senza scrupo­li.

Ricordo che un giorno chiesi a mia madre: "Ma perché Dio?" e lei, che non era una grande frequentatrice della Chiesa, mi rispose: "Se non avessimo Dio non potremmo nemmeno esistere, né come persone né come Anime". Ripensandoci ora mi rendo conto dell'enormità di questa sua affermazione, e sono sicuro che se la avessi compresa prima non avrei perso tutto questo tempo.

Quel giorno, ormai a venticinque anni suonati, che mi resi conto veramente di ciò che realmente fosse Dio, scoprii di aver perso un sacco di tempo in una atea apatia che ora ritengo una parentesi comatosa del mio spirito.

Ciò che mi propongo in queste pagine è dedicato particolarmente a quelle persone che, come io allora, non riescono a concepire, a livello mentale, che Dio è solo un semplicissimo nome per definire ciò cui l'universo deve tutto, che in realtà:

"Ogni nome è suo e ogni cosa gli appartiene"

Spesso mi capita che, amici o conoscenti, mi rivolgano la domanda:

"Ma chi è Dio?"

Questa domanda è molto imbarazzante. La mia concezione di Dio è talmente ovvia e logica che potrei trovare sciocca la questione, se non avessi avuto l'esperienza diretta, di questa sensazione di vuoto interiore, che spinge a porla.

Dipende moltissimo da colui, o colei, che la porge; sorge, nella maggior parte dei casi, spontanea alla persona cui ti rivolgi con i discorsi più disparati, in cui ab­bracci il significato del Divino Essere nel tentativo di giustificare determinate azioni o comportamenti; rende, nel discorso, più palese il "pensiero" della per­sona in questione, pensiero il quale può derivare da una mente bigotta, da un fana­tismo religioso, da una forma di egoismo materiale prodotta da delusioni personali, quindi difficilmente disposta ad ascoltare la risposta, oppure, in una situazione più costruttiva, da un serio interessamento al raggiungimento di uno stato d'animo volto alla realizzazione dello Spirito Divino.

La maggior parte delle volte, dopo la definizione di Creatore del Tutto, mi so­no visto ribadire (domanda più che giustificata) che: "se tutto ha avuto un inizio an­che Dio deve averlo avuto". Questo punto richiede una definizione di inizio che purtroppo non è così semplice da dare a queste persone, in quanto non hanno an­cora realizzato che Dio non è né una persona né una cosa, bensì va' oltre la materia e, soprattutto, oltre ogni umana concezione.

Se, in modo errato, siamo in grado di negare, in modo drastico, l'impossibi­lità di un inizio della nostra consistenza di materia e di pensiero, dobbiamo quindi realizzare l'indefinita eternità, quindi qui non parliamo più della parola "Dio", bensì della parola "Eterno".

Eterno significa letteralmente "senza inizio né fine", quindi, se veramente siamo consapevoli di uno svolgere dell'eternità, siamo già sulla buona strada per realizzare anche il significato di "Tempo". Questo tempo esiste ora come esisteva ieri e come esisterà domani (tre situazioni molto vicine alla nostra percezione). Siamo pure consapevoli che prima che noi nascessimo ci fosse stato qualcosa, e che quindi noi siamo giunti a far parte di questo qualcosa; riconosciamo quindi l'esistenza di altro oltre a noi stessi (nel limite cui arriverò più avanti); l'esistenza non è nient'altro che l'essere (noi siamo, voi siete, essi sono, oppure anche: siamo stati, siete stati, sono stati).

Se già ci risulta difficile definire, in modo concreto e tangibile, l'inizio, l'eternità, il tempo e l'essere, come qualità, dobbiamo pure comprendere quanto lo sia di più definire colui che queste tre cose le comprende in modo completo; chi veramente "ha orecchi per sentire" saprà, a questo punto, dove rivolgere le proprie ricerche per giungere alla comprensione (seppur in modo semplice e limitato) di ciò che continueremo a definire "Dio" (come d'altro canto si è sempre fatto).

Quella parte del nostro cervello umano che ci dà la possibilità di avere le nostre idee, le nostre opinioni e, in modo particolare, le nostre sensazioni, è abitua­ta a collegare l'immagine di Dio al corpo (limitandolo in modo misero) di un arcano signore dalla barba bianca e seduto su un trono tra le nuvole; lo immaginiamo compassionevole che tende la mano a qualcuno che ne ha bisogno, oppure serio e imponente mentre giudica cattive azioni, dimentichi di ciò che veramente dovrebbe rappresentare nella nostra vita quotidiana, e non solo, superficialmente, la domeni­ca o durante le feste comandate.

Solitamente ci rivolgiamo a lui (sia che ci si creda realmente o meno) per ri­chiedergli dei favori particolari, giungendo talvolta a proporgli dei veri e propri ri­catti (se mi aiuti ti prometto che...) o altrimenti recitiamo qualche preghiera per mettere a tacere la nostra coscienza se abbiamo commesso qualche peccato. In qualsiasi caso ci affrettiamo a misconoscerlo se non ci concede palesemente la grazia che gli richiediamo.

Quanto siamo miseri e ipocriti!

Nella sua incommensurabile onnipresenza lo denigriamo ad una semplice an­cora di salvataggio dei casi estremi, ignoranti della sua vera essenza, dimentichi della sua opera nell'universo, ma, peggio ancora, convinti che null'altro gli sia do­vuto.

Quando duemila anni fa, Gesù, compiva azioni miracolose e predicava inse­gnamenti fondamentali per tutto il genere umano (e non), poteva vantare la sua di­scendenza diretta del divino Padre, perché ne era in costante contatto; sia che giun­se sulla terra mandato da Dio in persona o che abbia acquisito in seguito (come as­seriscono taluni) il metodo di entrare in contatto diretto con lui. L'importante non è come lo sia stato, come tanto meno è importante la concezione immacolata da parte di sua madre Maria, tutte queste disquisizioni divergenti, in seno alle varie teologie, non fanno nient'altro che ingarbugliare ulteriormente quel senso di verità che Cristo ha cercato di insegnare a coloro che lo stavano ad ascoltare.

Anche altri profeti, malgrado fossero di umili origini, tenevano monologhi dai profondi significati spirituali spinti dalla presenza divina in loro, riuscendo addirit­tura a proferire enormi e importantissime sublimazioni dell'esistenza, permettendo alla presenza di Dio, in loro, l'utilizzo dei loro organi vocali.

Vorrei qui precisare, per coloro che non concepiscono minimamente il si­gnificato di Dio, che queste asserzioni servono principalmente a spiegare come egli si comporta nell'ambito dell'esistenza umana, di modo che sia più semplice giungere anche al suo concepimento come esistenza reale e non solo ideologica.

Come possiamo dunque essere certi che queste persone, Gesù o i profeti, abbiano realmente tenuto un comportamento sotto la guida, o - meglio - dietro ispirazione diretta, di Dio e non per una strana forma di alienazione mentale?

Sappiamo benissimo che esistono al mondo molte persone che agiscono in modo riprovevole con la convinzione di essere stati toccati da ispirazioni o rivela­zioni divine, e in molti casi, purtroppo, ne hanno fatte le spese molti innocenti, siamo quindi sempre abbastanza restii nell'accettare per vero ciò che il nostro prossimo ci propina; più che giusto!

Cerchiamo quindi di distinguere nettamente ciò che viene ispirato realmente da Dio e ciò che invece potrebbe passare per tale.

Prescindendo dalla reale ispirazione dei testi ritenuti a tutt'oggi sacri, sia i testi della Bibbia o del Corano ecc., possiamo fare in modo di estraniarci per un attimo dalle convinzioni che ci siamo creati nell'arco della nostra presente esistenza sulla terra e analizzare obiettivamente quale sia la situazione principale per la no­stra esistenza, cioè il benessere. Qualcuno penserà subito al cibo, chi ai soldi o alla natura incontaminata, al sesso o a qualunque altra cosa, dimenticando quello che è il sentimento e la sensazione verso queste cose, cioè la gioia, la pace e l'amore! Queste sensazioni di piacere non sono strettamente legate all'oggetto cui diamo importanza, dipendono esclusivamente dalla nostra mente; una dimostrazione ovvia la troviamo nel fatto che alcuni di noi trovano buone determinate cose che ad altri invece non piacciono assolutamente, quindi questo "oggetto" del piacere non ha l'importanza che invece ricopre il piacere in sé stesso, ne deduciamo quindi che il nostro benessere è nel provare una sensazione, non nell'oggetto che ce la procura.

Considerando ora che siamo tutti, per così dire, sulla stessa barca possiamo benissimo renderci conto che tutti proviamo piacere, dovrebbe dunque risultare più facile immaginare l'umanità intera immersa in questa situazione, senza che alcuno ne rimanga escluso con le scuse più banali, quindi realizziamo la fratellanza tra in­dividui, nazioni, popoli.

Quell'espressione estasiata che viene proposta nei ritratti di Gesù o di Santi non è affatto un'espressione beota, tutt'altro, è l'illuminazione di chi vive veramente nel continuo benessere spirituale; se qualcuno ci fotografasse mentre proviamo l'apice del piacere saremmo anche noi esattamente così, non per questo, però, stu­pidi.

Questo nostro quadro astratto di Dio sta' man mano prendendo quindi dei li­neamenti precisi, vale a dire: Eternità, tempo, essere, amore, benessere, sentimen­to, sensazione; decisamente sono esclusivamente attributi che non si possono toc­care direttamente con mano, ... li si possono però sperimentare, e non superficial­mente come siamo abituati a fare, bensì entrando nel loro più profondo significato.

Saliamo di un piccolo altro gradino, cercando di capire meglio taluni suoi interventi nella nostra esistenza.

Quando, come ci spiegano le sacre scritture, creò l'universo, di sicuro non si mise a tavolino a preparare i piani ed i progetti, è un'immagine distorta che viene dettata dall'arretratezza culturale.

Se noi per un attimo riusciamo ad immaginare un piccolo vuoto, un nulla, uno spazio di inesistenza abbiamo, seppur in modo minimo e paradossale, l'aspetto di Dio prima della creazione (Dio è nulla, potrebbe, in qualche modo, essere una asserzione reale), questo caos segue una determinata Logica, è il nulla che giunge a riflettere sulla sua inesistenza, creando una catena di reazioni, di riflessi; è per questo che il mondo materiale non è preso in considerazione da Gesù e da altri maestri appartenenti ai più svariati gruppi religiosi; sempre per questo Gesù disse a Ponzio Pilato che il suo regno non era di questo mondo, semplicemente perché questo nostro mondo si trova nell'immaginario. Vi prego di non fraintendere questa definizione: non è che non esiste, esiste sì, ma solo in una particolare dimensione. Per essere più chiaro vi porto un esempio banale ma importantissimo: i suoni, i colori, la materia e l'energia sono misurabili su una scala di modulazione, vale a dire che se si potesse modificare la modulazione di un suono su determinate fre­quenze si otterrebbero dei colori, lo stesso procedimento sui colori porta alla ma­teria, mentre sulla materia porta all'energia; naturalmente non disponiamo delle ap­parecchiature necessarie per mettere in atto questa evoluzione, cioè, la nostra mente sarebbe in grado di farlo (miracolistica) ma, per fortuna, solo chi ne ha l'ef­fettiva coscienza può permetterselo. Sapreste, in effetti, immaginarvi le conseguen­ze, se il genere umano attuale dovesse possedere questa qualità? Si creerebbe una situazione di disordine totale; ognuno, seguendo il proprio metro mentale, modifi­cherebbe a proprio piacere il sistema delle cose (chi ha visto "Cenerentola" di W.Disney si ricorderà del ballo finale dove le due fatine cambiano in continuazione il colore dell'abito della loro prediletta).

Detto questo ci rendiamo conto che il tutto segue un determinato ordine, il quale è unico in tutto il nostro universo conosciuto.

Accennavo prima ai Profeti, sia maggiori che minori, i quali sono riusciti ad entrare in questo sistema di evoluzione spirituale malgrado talvolta, appunto, non avessero avuto delle formazioni particolari. Essi erano quindi spontanei nei loro ragionamenti e nel loro comportamento, e questo ha permesso loro di seguire senza pregiudizi il movimento modulatorio portandoli ad immergersi nella co­scienza comune che ha origine da Dio e che è la stessa per ogni cosa creata.

La nostra mente è invece inquinata da migliaia di informazioni, corrette o meno, che inibiscono in modo sensibile delle concezioni elementari riguardanti l'esistenza del tutto, ci buttiamo in complicate teorie, eludendo le cose più banali che sono insite nel nostro più profondo pensiero, dando più importanza alla nostra mente piuttosto che a quella presenza che le permette di operare sul piano fisico, presenza che è una e unica per tutti, ma che però non ci forza in nessun modo a ri­conoscerla o a divenirne schiavi. Questa presenza rimane in attesa di venir scoper­ta, a comprova della sua grazia e benevolenza; di fronte ad essa saremo noi stessi a riconoscerne la supremazia assoluta, noi stessi comprenderemo il nostro gretto comportamento nei confronti della Sua Logica, del suo Amore.

Dobbiamo quindi, in un certo qual modo, fare il possibile per comprendere che esiste una sola Verità, che è semplice più di quanto non possiamo credere. È inutile quindi cercare di comprendere la vita scindendo l'atomo o con esperienze analoghe, dimenticando nel frattempo di porgere un sorriso a coloro che ci accom­pagnano in questo passaggio obbligato.

Quando Gesù, nel deserto, denigrò metaforicamente l'offerta di Satana, di­mostrava l'inutilità dell'affanno, da cui ci lasciamo perseguitare, verso le "cose" di questo mondo; dimostrava la sua presenza esclusivamente materiale su questa di­mensione mantenendo il suo Vero Essere nel mondo spirituale, conscio di cosa fosse veramente importante. Malgrado ciò, in molti, sia dei suoi seguaci che altri, si rivolgevano a Lui chiedendogli guarigioni del corpo fisico, chiedendogli dimostra­zioni tangibili della sua potenza; quel giorno che però quella donna tra la folla guarì, toccando a Sua insaputa un lembo della sua veste, Egli si rivolse a quell'anima facendole notare di come fosse stata la sua fede a guarirla, non Gesù stesso. Possiamo dedurne che ognuno di noi, con l'apertura mentale volta alla Veri­tà, può arrivare ad ottenere condizioni ottimali di esistenza (non è cosa semplice, comunque) che si basano esclusivamente su cose che non sono di questo mondo, non sono di questa dimensione a noi nota.

A questo punto siamo in grado di avere un aspetto di Dio basato su una per­cezione mentale che, pur piccola o grande che sia, rasenta solo in modo lieve quello che è realmente la Sua "natura". Molti di noi ritengono che, essendo l'uomo stato creato a sua immagine e somiglianza, egli sia per forza definibile come po­tremmo definire nostro padre o nostra madre, quasi a suggerirci che, in qualche parte dell'universo, esista un originale di prototipo umano che ha costruito delle copie esatte di sé stesso, ma che avrebbe, in un certo senso, fallito nel suo in­tento, considerandone l'evidenza del risultato. Se noi invece riusciamo ad immagi­nare l'essere umano come composizione di sentimenti ed emozioni, riusciamo pure a capire che noi gli abbiamo voltato le spalle, attaccandoci maggiormente alla ma­teria anziché allo spirito. Questo ci è stato possibile con il desiderio, lo stesso che ha attirato l'attenzione dei progenitori Adamo ed Eva verso il frutto del peccato (di qualsiasi genere sia stato) anziché verso la sublimazione di un'esistenza più sottile. Non me ne vogliano, qui, gli gnostici che danno un significato molto diverso a questo passo della genesi, molto interessante senz'ombra di dubbio, ma molto me­no diffuso di quanto non lo sia la versione ufficiale riconosciuta dalla Chiesa, dove troviamo che Eva (Zoe) è la vera luce divina nascosta dal Metropator (Dio) in Adamo (Adamas), e che il serpente non è che una manifestazione di Dio per riuscire a sal­varli dall'ombra degli Eoni in cui sono, in un certo senso, prigionieri, e dove ri­mar­ranno, come dicono anche le scritture ufficiali, sino all'intervento del Cristo do­po la crocifissione.

Naturalmente non sta' a me asserire la veridicità di una versione anziché l'al­tra, entrambe mettono in evidenza la pienezza della Luce Divina che è la stessa per entrambe i casi, ci sono inoltre centinaia di altre ideologie religiose o scientifi­che sulla Genesi dell'Universo, che, in qualsiasi caso, non potrebbero mai rendere effettivamente l'idea di ciò che realmente fu, esattamente come non sapremo mai se Gesù, sulla croce, disse: "Eli, Eli lamma sabactani", cioè "Dio, Dio perché mi ab­bandoni", oppure: "Heli Lamah Zabac Tani" che, secondo A. Kaiser, sono parole in lingua Maya che significano "Ora sommergimi nella luce della tua presenza" dovute ad una permanenza iniziatica del Cristo in Tibet, durante gli anni di cui non ci sono state tramandate cronache, e dove si ritiene vi sia, tuttora, la sua tomba.

Man mano che proseguiamo notiamo che: Dio è un insieme di attributi: Luce, Amore, Eternità, Fede, energia, ecc., molti dei quali siamo perfettamente in grado di comprendere con la nostra seppur piccola mente, e quindi anche il più scettico tra i scettici dovrebbe, per un attimo, afferrare un piccolo bagliore di quali sensa­zioni provochi, in noi, la presenza di Dio; sono sensazioni che comunque non sono legate al solo proprio piacere, bensì al piacere collettivo, per questo un vero illu­minato da Dio, non potrà mai provocare danno, in nessun modo, al suo prossimo, oppure spingere qualcun'altro a farlo, così come non si metterà a combattere un sistema politico o, come purtroppo succede spesso, un'altro ordine religioso.

Il vero illuminato, inoltre, non sarà mai crudele o cattivo contro chi ha pec­cato, egli lo richiamerà con fermezza e con amore come una Madre o un Padre fanno con il proprio figlio; potrà sì, punirlo, ma mai in modo brutale.

Queste semplici indicazioni sono basilari per non doversi trovare a seguire determinati personaggi che si ritengono Messaggeri di Dio, e che ne manifestano pure determinati attributi (taluni, in effetti, non sono esclusivamente Divini), ma che in realtà seguono uno scopo egoistico, e spesso tragico per chi, in buona fede, si lascia attrarre da banali lusinghe o da veri e propri lavaggi del cervello ad opera di alienati mentali (potrei riportare casi del genere ma sono sicuro che chi legge ne sia senz'altro a conoscenza e preferisco lasciare nel passato ciò che è stato).

Purtroppo, però, "grazie" a queste esperienze, siamo portati al rinnego a priori di qualsiasi individuo tenti di proporci delle rivelazioni Divine; i veri Santi, per esempio, sono stati dichiarati tali solo dopo la loro morte, impedendo all'umanità di approfittare degli insegnamenti morali di questi mentre erano ancora in vita. Di sicuro siamo così vuoti di spirito che rinchiuderemo Gesù in un mani­comio, quel giorno che ritornerà dichiarandoci di essere il Cristo, obbligandolo quindi a doversi manifestare in un modo eclatante, sperando che non venga scambiato per qualche trovata pubblicitaria o per il set di un film con effetti speciali.

I veri Induisti, per esempio, ritengono che Brama (il padre, Dio) si incarni sulla terra, di era in era, in particolari situazioni di necessità, da parte dell'uomo, della presenza divina; per questo motivo venerano, in modo profondamente devo­zionale, molte persone (viventi) che ritengono Santi e, addirittura, ritenendone talune Incarnazione di Dio. Purtroppo sorge un po' di confusione perché ognuno dei vari gruppi ritiene di aver trovato il Santo dei Santi, ma ... se fosse vero? Hanno quindi ragione nel dedicarsi a loro con il corpo e con lo spirito e, oltretutto, la loro rinuncia quasi totale ai beni materiali fa' sì, che non abbiano nulla da perdere, al massimo di che guadagnarci.

Noi, presunti Cristiani, ci riconosciamo per quei materialisti che siamo, ma non facciamo nulla per porvi rimedio, stiamo soltanto ad aspettare che giunga qualcuno con la bacchetta magica e ci porti o in Paradiso o all'Inferno, con­tinuando a comportarci come meglio crediamo, ognuno per conto suo, anche se pretendiamo di dimostrare che siamo uniti o in questo o in quello; siamo pronti a dare un aiuto finanziario alle società di beneficenza, quando al nostro vicino di ca­sa, paralizzato nel letto, basterebbe qualcuno che gli tenga compagnia, in modo spontaneo e non forzato (o addirittura pagato), per mezz'ora al giorno, tanto per sentirsi ancora vivo.

Se Dio è Amore anche noi lo siamo, se Dio è Luce anche noi lo siamo, se Dio è misericordioso lo possiamo essere anche noi, senza imporci dei propositi di aiutare il prossimo a tutti i costi per fare piacere a Dio (o peggio per riscattarci da qualche peccato), ma dobbiamo esserlo nella coscienza di vivere nella condizione di Grazia e Misericordia.

Nessun uomo è uguale, così come nessun fiocco di neve è simile all'altro, l'uguaglianza sta in ciò che sostiene il tutto; è una situazione che dovrebbe essere sperimentata da tutti, indistintamente, per poterla veramente assaporare nella sua dolcezza e nella sua realtà; è questo fondo di uguaglianza che fa di molti uomini l'umanità, e di molti fiocchi di neve la valanga. La grandezza di Dio dipende da dove la si guarda; come la montagna, che si vede piccola in lontananza e diventa enorme quando ci si trova ai suoi piedi, lo stesso è Dio, più ci avviciniamo più di­venta immenso, più gli permettiamo di esistere fuori e dentro di noi, più noi esiste­remo in Lui, più gli saremo simili nel significato biblico.

Per questo motivo posso assicurare che chi conosce l'Amore conosce Dio. Non sono assolutamente due cose separate; il fatto di insistere su "Dio" anziché ac­contentarsi di "Amore" è proprio perché con questo termine si comprendono anche le altre qualità che ho enumerato sopra (in modo succinto). Se, a questo punto, non siamo ancora in grado di distinguerlo come Unico è semplicemente perché non abbiamo ancora sperimentato, direttamente sulla nostra pelle, alcune sue proprietà, che ne costituiscono la caratteristica fondamentale.

Noi possediamo anche un istinto di conservazione che ci sostiene, ci salva la vita in situazioni critiche della nostra esistenza, per quanto riguarda invece il so­praggiungere certo della morte, ci lasciamo prendere dalla paura, dal panico, che sono dovuti, principalmente, alla nostra ignoranza, all'errata interpretazione del nostro sistema vitale. Non siamo capaci di vedere che noi, in qualità di Spirito, sopravviviamo all'Anima di carne e ossa, rimanendo in seguito in uno stadio di at­tesa alla riunificazione con il principio divino. È una situazione al di fuori della concezione logica di questo mondo; l'altro mondo è per noi solo una parola, una definizione che ci lascia indifferenti perché, in fondo, non ci crediamo. Eppure du­rante il sonno non sappiamo dove siamo, non ce ne rendiamo conto, non abbiamo più il contatto con il nostro corpo, come lo abbiamo durante lo stato di veglia; du­rante il sonno arriviamo, persino, a toccare altri livelli di esistenza con il sogno, gli incubi... ma, quando ci corichiamo, non abbiamo paura e terrore, è ormai una pra­tica abituale di cui non ci preoccupiamo, non ci prendiamo nemmeno la briga di analizzarla; in fondo, però, anche lo stato di sonno non è una componente logica del nostro modo di vedere le cose. La "morte" non può essere sperimentata prima, ma effettivamente segue lo stesso funzionamento del sonno, in forma più incisiva senz'altro, ma non, per questo motivo, da affrontare con timore. La morte dei no­stri cari ci darà pur sempre dispiacere; quando si abbandonano gli affetti è logico che si provino tristezza e amarezza, ma in noi deve sopravvivere la certezza del rincontrarsi in situazioni migliori, ci si deve convincere che l'altro mondo è la Luce di Dio, la sua immensità, il suo Amore, perché in quel momento siamo esclusiva­mente Spirito e non materia, esseri pneumatici, senza ostacoli all'Illuminazione ce­leste.

0 commenti:

Posta un commento