mercoledì 13 febbraio 2013

Esperienze dell’astrale

by Massimo Enzo Grandi

Mi è stato chiesto: "racconta le tue esperienze e ti muoverai nella giusta direzione", trovo più semplice dar loro una interpretazione tramite i miei commenti, non solo frutto di ciò che ho appreso tramite la semplice lettura ma soprattutto tramite dei "vissuti" a livelli più sottili. Molto di ciò che assimiliamo per esempio a livello Astrale ci rimane latente fino al momento in cui un fattore causale ci spinge ad esternarlo, orbene io ho avuto la netta sensazione che sono proprio questi "dati" assimilati inconsciamente, ad essere di maggior rilevanza rispetto a quelli che si ricordano chiaramente (non solo in astrale ma anche a livello di semplice veglia o sogno).

Nel momento stesso in cui la "mente attiva nello stato di veglia", analizza ciò cui ha assistito (non si può infatti dire "visto" perché tutto si svolge sotto molteplici aspetti sensoriali a varie dimensioni) si plasmano attorno a queste esperienze delle forme a seconda delle nostre ideologie e del nostro "desiderio" (il nostro Ego!) ... il tutto quindi perde senso.

Quando si vuole (forse "esige") intraprendere un viaggio in Astrale è comunque il nostro Ego ad avere il sopravvento e a condurre a piacimento questo veicolo; perché non lasciarlo semplicemente andare dove sa benissimo che deve andare?

Ciò che anche mi chiedo è: perché spesso si cerca di stimolare e gestire a tutti i costi il viaggio astrale con la nostra mente attiva ben sapendo che quest'ultima è composta da molte falsità? All'inizio forse siamo mossi da curiosità, ma poi questo gioco può assumere un che di morboso, una corsa ad essere "i primi" ... a sentirsi grandi (he he ... io lo sono già di cognome...).

"Entrare", in modo spontaneo e cosciente, con la "mente attiva" nel corpo astrale è una cosa da effettuare in qualità di "passeggero", non come conduttore; passivamente è possibile osservare ed apprezzare i "paesaggi" che scorrono morbidamente, è possibile prestare la nostra attenzione laddove un segnale ci dice "ho bisogno del tuo aiuto"... Se mi dedico alla guida condurrò invece il mio mezzo egoisticamente dove vuole il mio Ego.

Il viaggio nella fase di sonno (sia cosciente che non) è più o meno la stessa cosa, al massimo possiamo lanciare un "seme" qualora volessimo prestare il nostro aiuto a qualcuno in particolare, semplicemente visualizzando questa persona di nuovo nella gioia e nel benessere (non occorre infatti assolutamente visualizzare il suo "problema" in quanto - oltre a non essere una questione di nostra competenza - subentrerebbero le leggi di attrazione e delle forme pensiero), una volta lanciato questo "seme" tutto prosegue automaticamente come deve proseguire.. né più né meno...

Tracce di fantasmi nella sabbia del tempo

by Massimo Enzo Grandi

(Lettera alla rivista “Giornale dei Misteri”

Sul giornale locale (Corriere del Ticino) in data martedì 25 Agosto (199?) è apparso il seguente articolo:

TRACCE DI FANTASMI SULLA SABBIA DEL TEMPO

Londra. I fantasmi, o spiriti, non appartengono affatto all' altro mondo, o al soprannaturale, come si ritiene comunemente, ma sono spiegabili scientificamente: lo afferma un controverso astrofisico, il dottor Percy Seymour dell'uni­versità di Plymouth la cui teoria - descritta nel suo li­bro di prossima pubblicazione "The Paranormal: Beyond Sensory Science" - ha suscitato la furia di molti ambienti scien­tifici e religiosi.

Secondo Seymour ogni cosa nell' universo lascia un'indelebile traccia sotto forma di una cosiddetta "linea del mondo", come un'onda sollevata perma­nentemente da una nave che indica il suo percorso. Sarebbe proprio questa traccia perma­nente di energia a originare gli spiriti. "Una persona con una decisa e forte personalità vissuta nello stesso posto per molto tempo lascia una forte traccia sulla "linea del mondo" che passa per quel posto" af­ferma Seymour.(Ats-Ansa)

Orbene fino ad una decina di anni fa trovavo ridicolo tutto ciò che riguardasse lo Spirito e addirittura il Divino fino a quando una sera un'amica mi parlò della scrittura automa­tica ed io per burla presi una penna appoggiandola sul foglio e mentre stavo ancora ridendo tra me e me per quella situazione ecco che la penna iniziò quasi subito a muoversi da sola. La cosa, anziché spaventarmi mi affascinò sin dall'inizio e così continuai per alcuni mesi a scrivere.

Oltre a messaggi di nessun valore (a volte persino volgari o assolutamente incoerenti) riuscii a sviluppare un dialogo basato sul vero significato della nostra vita, sulla vibra­zione cosmica, la legge del Karma ecc. con delle spiegazioni ricevute in modo semplice ma molto chiaro tanto da rendermi quasi una persona nuova. Come detto prima ho scritto solo per alcuni mesi in quanto a questo punto avevo appreso appieno che "dentro di noi" si trovano già tutte le risposte più importanti alle nostre domande e che basta saperle discernere, comunque cominciai a dedicare quel pochissimo tempo libero che mi rimane da un'attività commerciale in proprio molto impegnativa, alla lettura di A. Blawatzky, A. Besant, R. Assagioli, A. Kardek, K. Hoomi, Vangeli Gnostici, Filipponio, Cayce, ecc. per non parlare della vostra rivista che riesce in modo eccellente ad esporre coerentemente i diversi tipi di fenomeni considerati paranormali suggerendo ottimi argomenti di riflessione e studio.

In tutte queste letture ho trovato le conferme a ciò che appresi in pochi mesi di scrittura automatica, non ho mai trovato affermazioni o definizioni che non potessero un domani avere riconoscimento dalla cosiddetta "scienza uffi­ciale" o addirittura dalle varie Chiese che da una parte insegnano l'esistenza del paranormale ma che dall'altra lo relegano ad un fenomeno appartenente esclusivamente al pas­sato o ad un futuro molto lontano dimenticandosi "l' Eterno Presente dell'Essere" e la nostra somiglianza con Esso.

Tornando, per concludere, all'articolo di cui sopra sulle affermazioni del Seymour sarei veramente felice di poter leggere sulle vostre pagine una recensione del libro in questione che purtroppo sarà reperibile in lingua italiana solo fra alcuni anni (le mie poche nozioni di inglese non mi permettono letture così impegnative), sono infatti sicuro che il vostro giornale sia l'ideale punto di incontro tra le varie teorie scientifico-teosofiche-ufologiche le quali convergono tutte verso l'unico punto facendosi largo ognuna a gomitate con le altre per giungervi prima anziché colla­borare per poter avanzare a passi da gigante.

P.S. Purtroppo leggo la vostra rivista da poco tempo e non vi ho ancora letto articoli sugli insegnamenti di Sai Baba di Puttaparthi, personaggio attuale carico di profumo e sapore spirituale, forse ne avete già trattato l'argomento in precedenza?

Ringrazio per l'attenzione prestatami sinora e colgo l'oc­casione per porgere a tutti i collaboratori del GDM i miei più distinti saluti oltre agli ormai abituali complimenti per il lavoro svolto costantemente.

Sintesi Gnostica

by Massimo Enzo Grandi

Dopo aver dato uno sguardo ad alcuni dei testi gnostici rinvenuti a Nag Hammadi all'inizio di questo secolo, (o almeno alle traduzioni che ne sono state tratte in italiano, tedesco, ed inglese) mi sono reso conto che questi testi vengono esposti con una terminologia e con un continuo crescendo che potrebbero essere paragonati ad una composizione di musica, si ha l'impressione di scorgervi qua e là dei ritmi che ricordano in modo impressionante le danze sacre in uso in Oriente.

Se non fosse per la difficoltà del testo e l'apparente illogicità di certi punti, la lettura dà effettivamente l'idea di un concerto divino di cui ne avevamo perso lo spartito, ma purtroppo anche di questi testi sono andate smarrite per sempre delle parti che non possiamo sapere se di primaria importanza o meno.

Questi capolavori sono stati scritti originariamente in varie lingue correnti in quei secoli, quindi dimostrano che la loro diffusione era alquanto estesa all'inizio della nostra era cristiana, anzi, gli stessi testi si assumono la responsabilità della detenzione dell'unica verità (il nome stesso "gnosi" è tradotto come verità) ma come purtroppo ben sappiamo, tutti gli ordini religiosi di questa nostra epoca asseriscono di essere loro gli unici, e non penso che duemila anni fa la situazione fosse stata migliore.

Ritornando al nostro discorso posso garantire che ciò che viene letto in queste antiche pagine è così dettagliato ma anche così logico, che si potrebbe pensare che lo si stia scrivendo anzicchè leggendo; malgrado ciò furono ritenuti testi eretici e condannati dalla Chiesa che stava prendendo sempre più potere nel mondo (difficile qui pronunciarsi sui metodi utilizzati in quanto non siamo ancora in grado di concepire un tempo che ormai si allontana sempre più).

Negli stessi testi Gesù rivela ad alcuni apostoli delle verità le quali non possono essere rese manifeste a chiunque dato i pericoli che potrebbero subentrare dall'errata interpretazione ed utilizzazione delle stesse quindi comprendiamo anche la Chiesa che si oppose alla divulgazione di insegnamenti usabili a doppio taglio. Ora comunque il fatto del ritrovamento e della normale circolazione di queste manifestazioni stà in un certo senso a dimostrare che il piano divino ritiene giunto il momento della loro divulgazione ma purtroppo ancora al giorno d'oggi la maggior parte della gente comune non è in grado di seguire discorsi che parlano dei profondi significati dello Spirito Santo ed al solo nominare dei "Testi Gnostici" li fà indietreggiare con un "Vade retro Satana" senza neppure chiedersi cosa in realtà essi siano.

Cosa sono i Testi Gnostici? Di cosa parlano?

Riassumere l'insieme dei testi è un lavoro così complesso ma piacevole nello stesso momento, visto che si ha occasione di ragionarli ulteriormente scoprendone la melodia base.

L'ideale per chiunque fosse interessato sarebbe di leggerseli tutti uno dietro l'altro, ma sicuramente, oltre forse ad una questione di tempo, c'è il fatto dello stimolo della voglia di conoscenza che purtroppo in molti di noi comuni mortali ha bisogno di essere risvegliato.

Ecco che come aperitivo ho deciso di servire alcuni punti base di questa Gnosi così a lungo rimasta nascosta in una giara nel deserto prima, ed in una casa di contadinidopo, dove alcuni rotoli completi, e parte di altri, furono utilizzati "a scopi domestici".

Innanzitutto la Genesi viene descritta con armonia nei minimi dettagli, vi troviamo anzicchè il classico "nulla" un unica entità che riempie il tutto e definita come Monade, Testa degli éoni, Padre, Silenzio, Spirito Invisibile, Virgineo, Metropator.

Rappresentando il Padre la perfezione, e non avendo alcuna necessità, egli creò una manifestazione di sè stesso, un riflesso, un'immagine del pensiero monadico chiamata Barbelo, Gloria della Barbelo, Perfetta Forza, Pronoia del Tutto, Madre, Sua Immagine, I'Ennoia e, guarda caso, anche con il suo stesso nome Metropator ... ( in altre parti anche Sofia, chiamata Pistis).

Essendo la sua immagine ne possiede anche quasi tutte le qualità ma non la perfezione, mancando logicamente di quel "qualcosa" che rende la Monade ciò che è nell'intimo.

Barbelo chiede e riceve dalla Monade la prima Conoscenza, l'Immutabilità, la Vita Eterna e la Verità.

Fin qui non si può ancora parlare di due esseri distinti essendo una il pensiero dell'altra, abbiamo solo una Pentade degli éoni (pentade in quanto in cinque parti: Pensiero - Conoscenza - Immutabilità - Vita Eterna - Verità) definita anche Pentade degli éoni Bisessuati cioè Decade degli éoni, primo "Uomo" (non l'essere umano) o più semplicemente Pronoia, cioè il Padre/Madre (Metropator).

Questa, per così dire, qualità che si è venuta a creare è praticamente la base dalla quale scaturiscono le varie forze della creazione, e come prima manifestazione dei due/Uno; ecco apparire l'Unigenito, l'Autogenerato, la Luce Pura, la Bontà, la Luce Pura Unta dal Padre, il quale non manca di nulla e "diviene" Perfetto.

Praticamente qui abbiamo una spiegazione della trinità che appare logica dato che ci si presenta con una definizione che rasenta la situazione famigliare terrena: la Monade paragonabile allo Spirito Santo riflette sè stesso in due elementi uguali quasi in tutto (positivo/negativo - yin/yan - maschile/femminile) i quali essendo essi divisi, ma parte di un Uno, assumono il ruolo di Padre-Madre (difatti hanno anche lo stesso nome Metropator) e poi in seguito alla "unione-separazione" di queste qualità riflesse, scaturisce la Luce Perfetta frutto della perfezione e della sua immagine, cioè il Figlio, Cristo. ("Io sono nel Padre e il padre è in me")

Il subentrare di un terzo elemento causa delle necessità di organizzazione in questo nucleo, per ciò il Figlio necessita dell'Intelligenza (che viene affiancata dalla Bontà come attributo) la quale gli viene elargita dal Padre, e ciò significa che Luce e Intelligenza manifestano la realtà creata dal Figlio per mezzo dello Spirito Invisibile, cioè per mezzo del Silenzio.

Ora a rigor di logica tutto ciò che è al di fuori del Silenzio è manifestazione di vibrazione quindi Parola, la Parola non può essere espressa senza Verbo per questo il Figlio (che è l'unico ad essere distinto dal Metropator) assume il nome di Verbo e Parola ... e tramite la Parola viene creato tutto con attributi di Conoscenza, Vita eterna ed Incorruttibilità.

Affiancato al Virgineo Spirito Invisibile il Figlio viene posto sopra ogni autorità e sopra la verità che è in Lui acquisendo onniscenza ed assumendo Il Nome dei Nomi.

In lui vengono oltremodo indicate 4 luminari definiti come Luce e incorruttibilità, Volontà, Pensiero, Vita, che sarebbero gli Eòni ai quali sono affiancate le 4 forze di Comprensione, Grazia, Percezione, Saggezza.

I 4 luminari vengono specificati come segue:

I' Luminare l'Eòne ARMOZEL che è il I' Angelo - egli rappresenta l'incorruttibilità e con lui si trovano gli Eòni di Grazia, Verità e Forma

II' Luminare ORIEL, posto sopra il II' Eòne con gli Eòni di Epinoia, Percezione e Memoria

III' Luminare DAVEITHAI, posto sopra il III' Eòne con gli Eòni di Comprensione, Amore e Idea

IV' Luminare ELELETH, sopra di lui il IV' Eòne e con lui gli Eòni di Perfezione, Pace, Sofia (la saggezza, il grande angelo, colui che sta davanti allo Spirito Santo. La sua immagine è come l'oro scelto, il suo abito come la neve Tutti e quattro i Luminari con i dodici Eòni sono posti davanti al divino Autoghenes e gli appartengono cioè sono parte integrante del suo Essere.

(La posizione dei Luminari è da collegare direttamente con i più conosciuti Arcangeli Michele, Uriele, Gabriele e Raffaele, tra i quali Uriele (o Oriel) è solitamente tralasciato in quanto nel nostro stato umano l'Epinoia, la Percezione e la Memoria sono in uno stato latente; i vari Eòni che sono con loro rappresentano invece gli eserciti degli angeli che permettono ai primi di manifestarsi.)

Ritornando ora a Barbelo seguiamo parallelamente cosa è avvenuto nell'Immagine (cioè nel riflesso). La matassa risulta alquanto ingarbugliata dato che questa Immagine segue la nascita del Figlio e la imita.

Questa imitazione purtroppo non può essere perfetta data l'imperfezione della propria genitrice e la mancanza di partecipazione della Monade, quindi non segue la causa del suo riflesso, come uno specchio, ma assume un'aspetto esclusivo e fuori dall'Intelligenza del Figlio.

Grazie alla sua Conoscenza del Tutto la Madre cerca di porvi rimedio allontanando il frutto del suo Pensiero, cioè Jaldabaoth, rendendosi conto che non si tratta dell'Immagine del Metropator, bensì di qualcosa di deformato che viene raffigurato come una bestia dalle sembianze di Leone (definito anche un simulacro del mondo celeste, Samael, Saklas).

Qui purtroppo tra i vari testi vi sono delle discordanze che rendono difficile il ricostruire l'esatta evoluzione di Jaldabaoth (chiamato anche Saklas e Samael in seguito ad una contaminazione avuta dalla miscelanza della tenebra con la luce, mentre prima la luce, miscelandosi con la tenebra la rese luce), rimangono tuttavia concordi sulla creazione di 12 regni (7 dei cieli e 5 degli abissi) ai quali vengono imposti quali sovrani 12 arconti dai doppi nomi che sono resi partecipi del fuoco dal primo arconte, il quale lo ebbe a sua volta da Barbelo, ma non della sua luce, dato che nella sua ignoranza non sà di possederla.

I nomi dei 12 arconti corrispondono ai segni dello zodiaco.

Vedendo le sue creazioni Jaldabaoth si credette Dio e manifestò il suo pensiero di essere un dio Geloso e della non esistenza di altro Dio all'infuori di lui.

Queste creazioni avevano due nomi in quanto possedevano anche qualità della Barbelo conformi alla gloria celeste, e dedussero subito dell'esistenza di un vero Dio del quale Jaldabaoth era Geloso, altrimenti non avrebbe avuto motivo di esserlo. Barbelo, rendendosi conto di perdere pian piano la propria luce, pregava lo Spirito Virgineo affinchè intervenisse in suo aiuto e quest'ultimo le inviò uno spirito di Perfezione per colmare il suo bisogno ma però fu lasciata al nono Eòne fino a che non avesse colmato la propria deficenza. (In seguito alla Crocifissione di Gesù verrà aiutata dal Cristo a risalire alla testa del tutto).

Ora tutte le potenze ebbero occasione di ammirare riflessa nell'acqua l'aspetto dell'immagine del Primo Uomo inviato loro dal Metropator (il Perfetto, l'Immagine dell'Invisibile, il Padre del Tutto) e decisero di creare anche loro un Uomo a sua Immagine e Somiglianza di modo che potesse splendere solo per loro.

La Bontà creò un'anima di ossa, la Prònoia un'anima di tendini, la Divinità un'anima di carne, la Dominazione un'anima di midolla, il Regno un'anima di sangue, la Gelosia un'anima di pelle, la Sapienza un'anima di Pelo.

La moltitudine di angeli, grazie alle sostanze psichiche ottenute dalle sette potenze, formano in seguito l'unità delle membra e l'unità del corpo con i vari "operatori delle membra" (coordinatori), poi i sensi, la fonte dei demoni che sono le emozioni e le sensazioni le quali sono "utili, anche cattive".

"Ma il loro vero carattere è Amaro, capo dell'anima materiale"

In tutto vi lavorano 365 angeli sino a completarlo del corpo psichico e ilico, mentre, per le passioni, i testi rimandano alla lettura del libro di Zoroastro.

Dopo tutto questo lavoro però il corpo psichico rimase totalmente inattivo ed immobile per lungo tempo.

Il Metropator decide a questo punto di ridare alla Madre la potenza che aveva immesso nel Primo Arconte e, tramite gli angeli, disse a Jaldabaoth (raggirandolo) di soffiare sul corpo psichico affinchè questi si alzasse, e così egli fece, soffiando in lui il suo Spirito che è la potenza che prese dalla Madre.

Nasce qui l'uomo Adamas.

Questo corpo suscitò l'invidia delle altre forze per via della sua potenza e del suo splendore e perchè si dimostò più forte nell'intelligenza di quanto non lo fossero loro così lo precipitarono nella regione più bassa della materia plasmandolo con fuoco terra ed acqua e creando una gran confusione con gli stessi elementi.

Questa situazione viene definita la catena dell'oblio, la creazione del primo uomo mortale, la prima separazione. Questo primo Uomo (Adamas) si trova ora nel "Paradiso" dove gli arconti pongono anche l'albero della loro vita che è l'immagine del loro Spirito.

"Poichè il piacere degli arconti è amaro e la loro bellezza iniquità" dissero ad Adamas di Mangiare liberamente a motivo della cattiva bramosia della procreazione distruttiva.

"Egli non poteva guardare in alto verso la sua Pienezza e misconosceva la nudità della sua abiezione in quanto gli arconti rimasero presso di lui, ma il salvatore lo raddrizzò affinchè mangiasse il Frutto dell'albero della Vita".

Contrariamente, quindi, al classico frutto proibito, abbiamo il Frutto del'Epinòia della Luce, mentre il Serpente (Jaldabaoth) insegnò "loro" (in qualità di vari elementi) a mangiare (definito anche procreare in quanto l'assunzione di cibo "crea" nuovi elementi in lui) prolungando la permanenza di questa scintilla divina negli Uomini.

Volendo in seguito riprendersi il soffio che aveva instillato in Adamo, velò la percezione di quest'ultimo e lo appesantì con l'insensibilità, ma il soffio (l'Epinòia della luce) si nascose bene in lui e il primo arconte non riuscì ad estrarla dal suo fianco, prese comunque una parte della sua Potenza creando un'ulteriore creatura con sembianze di Donna la cui presenza annullò il velo posto su Adamo che in Lei riconobbe la sua Essenza e conobbe Zoe o anche Madre dei Viventi.

Questa "seconda potenza", distinta in Zoe ed Eva, viene istruita nel paradiso dallo Spirito invisibile manifestatosi sotto forma di aquila sull'albero della conoscenza, ma dimostrandosi superiori in intelligenza a Jaldabaoth, questi ne rimase geloso e la scacciò con Adamo dal Paradiso.

Vedendo ciò la Pronoia mandò dei messaggeri che asportarono Zoe da Eva ma il primo arconte riuscì a violentare Eva generando due figli: Eloim, ingiusto, con la testa di orso e Jahve, giusto, con la testa di gatto; Jahve venne preposto al fuoco ed al vento mentre l'altro all'acqua ed alla terra (Caino e Abele).

La Terra rappresenta la fede dove abbiamo la radice,

L'Acqua la speranza di cui ci nutriamo.

Il Vento (l'Aria) l'amore con cui cresciamo.

Il fuoco (La luce) la gnosi.

Adamo subì a sua volta le conseguenze di questa violenza assorbendo il desiderio di procreare e, con l'unione sessuale, suscitò una procreazione "a somiglianza dei corpi", ed allorchè conobbe l'immagine della sua prima conoscenza (l'unione con Eva) generò l'immagine del figlio dell'uomo chiamandolo Seth "seguendo la generazione degli Eòni". La Madre (Metropator) a sua volta mandò il suo Spirito quale immagine per coloro che le assomigliano e come riflesso per coloro i quali sono nella Pienezza, alfine di predisporre una dimora per gli eòni che verranno sulla terra.

Ma il primo arconte fece loro bere l'acqua dell'oblìo affinchè ignorassero da dove venissero, e, Compito dell'umanità è di ritrovare questa forza/luce che è in noi, onde riprendere tutta la potenza che emana dallo Spirito Invisibile per il tramite del Figlio.

Questa è una piccola sintesi della Genesi Gnostica: le varie versioni dei testi (le quali differenziano in alcuni particolari descrittivi le une dalle altre) sono più ricche di dettagli e ne spiegano più approfonditamente le varie azioni ed i vari nomi delle Presenze che agiscono per mezzo degli Arconti e del Demiurgo.

Da mettere in rilievo è comunque il Trattato Tripartito il quale inizia con una definizione del Dio Padre che non posso fare a meno di trascrivere integralmente:

"Egli è una unità, come un numero, essendo il primo ed essendo ciò che lui solo è.
Ma non è come uno che è solitario; altrimenti, come potrebbe essere padre?
Ovunque, infatti, c'è un padre, ne consegue che c'è un figlio.
Ma l'unità, colui che solo è Padre, è come la radice d'un albero con rami e frutti.
Di lui si dice che è padre, in senso proprio, non essendovi alcuno che esista come lui.
E' immutabile, essendo un signore unico ed essendo Dio.
Non v'è alcuno che per lui sia dio; non v'è alcuno che per lui sia padre: non essendo stato generato, non v'è alcuno che l'abbia generato, e non c'è alcuno che l'abbia creato.
Certo, chi è padre e creatore di qualcuno, ha anch'egli un padre e un creatore formatore; tuttavia - in senso proprio - costui non è un padre, non è un Dio, avendo egli pure uno che l'hà generato e creato.
Padre e Dio, in senso proprio, è soltanto colui che non è stato generato da alcuno, mentre egli ha generato e creato il tutto: non ha principio e non ha fine.
Non solo non ha fine - sicchè è immortale, non essendo stato generato-, ma essendo da tutta l'eternità, egli è anche immutabile: egli è colui che è, è colui che costituisce se stesso, è la sua grandezza.
Nè egli si priverà di ciò che è, nè altri l'obbligherà a subire una fine da lui mai voluta, dato che non ebbe un primo autore del suo essere.
Sicchè egli non muta, nè altri potrà privarlo del suo essere, di ciò che egli è, di ciò che costituisce il suo essere, e della sua grandezza: non gli si può sottrarre nulla, né è possibile che altri lo cambi in una forma diversa, che lo diminuisca, che lo trasformi, che lo rimpicciolisca; questa, infatti, è la verità nel senso più pieno: egli è invariabile, è immutabile, l'immutabilità lo riveste.
Non è soltanto colui del quale si dice: -non ha principio- e - non ha fine -, perchè non è generato ed è immortale; bensì, non avendo né principio né fine, è irraggiungibile nella sua grandezza, è inaccessibile nella sua sapienza, è inafferrabile nella sua potenza, è impenetrabile nella sua dolcezza.
In senso proprio, infatti, lui solo è il buono, il Padre non generato, colui che è assolutamente perfetto.
Egli è la pienezza dell'essere, pieno di tutta la sua prole, di ogni virtù e di ogni valore.
Ma ha ancora di più: la bontà assoluta, affinché essi lo possano trovare.
Egli possiede e concede tutto ciò che possiede: nessuno può impedirglielo; non si stanca mai di dare, essendo ricco di ciò che dà, e si riposa in ciò che graziosamente concede.
Tale è, infatti, costui, il suo carattere, la sua sublime grandezza, che non v'è alcuno con lui fin dalle origini; non c'è un luogo ove egli sia o dal quale sia uscito o al quale debba tornare, non c'è un archetipo che gli serva da modello quando si mette al lavoro, non c'è una fatica che lo colga e l'accompagni in ciò che fa, non c'è una materia al suo fianco dalla quale creare ciò che crea, non c'è sostanza a lui immanente dalla quale generare ciò che genera, non c'è un collaboratore che compia con lui il lavoro al quale egli è intento, sicché egli possa dire: è ignoranza.
Bensì, in quanto buono, senza difetti, perfetto, e completo, egli stesso è il tutto; poiché tra i nomi pensati o detti o visti o afferrati, nessuno c'è che si possa applicare a lui neppure i più splendidi, i più eminenti, i più onorati.
È tuttavia possibile pronunciarli a sua gloria e onore secondo la capacità di ognuno di coloro che lo glorificano; ma all'intelletto è impossibile comprenderlo tal quale egli è, nell'essere e nella forma.

Non c'è parola capace di esprimerlo,
non c'è occhio capace di vederlo,
non c'è corpo capace di afferrarlo,
a motivo della sua inaccessibile grandezza,
dalla sua infinita profondità,
della sua altezza al di là di ogni misura,
della sua ampiezza incomprensibile.

La natura del non generato, è così: non è vicina ad alcun'altra cosa, non è abbinato come ciò che è limitato: ha invece una costituzione priva di figura e di forma esterna conoscibile per mezzo della percezione: l'incomprensione è al di là di tutto ciò.
Se è incomprensibile, conseguentemente è inconoscibile, cioè incomprensibile a ogni pensiero, invisibile a tutto, indicibile a ogni parola, intangibile a ogni mano.
Lui solo conosce se stesso così com'è, con la sua forma, la sua grandezza e la sua magnificenza: a lui è possibile comprendersi, vedersi, nominarsi, afferrarsi; infatti, egli è il suo proprio intelletto, il suo proprio occhio, la sua propria bocca, la sua propria forma colui che si comprende, che si vede, che si dice, che afferra se stesso: è l'inconcepibile, l'ineffabile, l'incomprensibile, l'invariabile.

Egli è cibo, piacere, verità, gioia, riposo.
Ciò che egli pensa, ciò che vede, ciò che dice,
ciò che costituisce l'oggetto del suo pensiero,
sovrasta ogni sapienza,
supera ogni intelletto,
supera ogni gloria,
supera ogni bellezza,
ogni dolcezza, ogni grandezza,
ogni profondità,
e ogni altezza.

Certo è inconoscibile la natura di colui al quale appartengono tutte le grandezze delle quali ho parlato; ma se - nella sua sovrabbondante dolcezza - desidera darne la conoscenza affinchè lo si conosca, egli può. Il suo potere è la sua volontà.
Tuttavia adesso, colui che è (veramente) grande, e causa della generazione di tutti alla loro esistenza eterna, si mantiene nel silenzio."

Se mi trovi, leggimi!

by Massimo Enzo Grandi

Quelle che stai leggendo sono parole che servono per realizzare la consapevolezza dell’Amore puro. Parole che ti stanno dicendo “chi sei” e ti aiutano a ricordare perché “sei ciò che sei”.

Sono parole che non appartengono al passato, neppure al futuro; non sono neppure qui, o lì.

Esse sono semplicemente l’adesso nel “qui che ti è più congeniale” e possono avere solo la forma ed il significato che gli stai dando.

Ciò che non dicono conferma ciò che dicono, e se così non fosse potrebbe però esserlo. Sei tu che scegli cosa dicono e come lo dicono, e la tua scelta appartiene a questo istante che contiene tutti i tuoi “prima” e tutti i tuoi “poi”.

In fondo sono parole che stanno scaturendo dal tuo meraviglioso immaginario.
Se credi di averle “già lette”, “già scritte” , oppure che le “leggerai” o “le scriverai” stai solo cercando il modo di confermarle in una relatività di “tempo” che hai creato con il tuo esclusivo desiderio di averne bisogno “adesso” .

Credi che il tuo “qui” e “ora” sia il risultato di molti “qui” ed “ora” che appartengono al passato?

Credi che siano l’inizio di altri “qui” ed “ora” del futuro?

Credi forse anche che il “resto del mondo” abbia i suoi “qui” e “ora” separati dal tuo?

Allora sei immerso nell’illusione di ciò che stai creando e sperimentando, sei ingannato dalla effimera realtà di non poter essere ciò che in realtà sei…

Ma non puoi essere ingannato da te stesso a meno che tu non lo voglia…

Semplicemente tu SEI! Qui ed in questo preciso istante. Quello che credi sia “lì” esiste solo perché tu sei “qui”. Quello che credi “sia stato” esiste perché tu sei in questo “adesso”.

O credi che il “resto” continui ad esistere individualmente ed autonomamente anche quando tu non sarai più “qui” ?

Vuoi imparare a giocare? È semplice, crea le tue regole, le tue strategie.

Ti serve un “passato”? Ecco che questo esiste esattamente nel modo in cui la tua idea di logica ne ha bisogno per giustificare il risultato di questo preciso “adesso”. Non perdere la consapevolezza che è la tua concezione del presente a creare la sensazione dei tempi “passato” e “futuro” e non l’opposto.

Vuoi metterti alla prova e modificare il tuo adesso? Ma perché dovresti volerlo modificare? Forse perché credi che il tuo adesso non sia quello che vuoi che sia? Modifica semplicemente il tuo punto di vista nei “suoi” confronti, guarda solo la perfezione di ciò che definisci “difettoso” oppure “carente”, di ciò che credi “giusto” o “sbagliato”; ama e ammira la meraviglia del tuo “adesso” qualsiasi “cosa” ti stia mostrando così come qualsiasi altra “cosa” tu “adesso” sai che esiste (perché sei tu che vuoi che esista…).

Prendi profonda coscienza che hai a disposizione tutto quanto ti serve, nulla di meno e nulla di più, prendi coscienza che sai tutto quello che devi sapere, nulla di meno e nulla di più, prendi coscienza che ora sei tutto quello che vuoi essere in questo completo e perfetto “adesso” .

Credi che stai soffrendo? Ecco che la tua sofferenza ha bisogno di un “passato” che la giustifichi e ne sia la causa. Non soffrire! Solo così non hai bisogno di creare la “causa” della sofferenza.

Credi che ti manchi qualcosa? Ecco che questa “mancanza” ha bisogno di un “passato” che non la faccia già tua e di un “futuro” che ti mostri la possibilità di poterla avere solo in un determinato modo. Realizza pienamente che comunque tutto è già “tuo” e stai solo “giocando” con le regole e le strategie da te ritenute necessarie a rendere vero il tuo adesso.

Nel momento in cui tu “scegli” di provare una piacevole sensazione potresti farlo ascoltando una bellissima canzone. Per “giustificare” questa possibilità stai scegliendo se già la conosci o se è la prima volta che la senti, crei un “passato” che dia spazio a chi la scrive, chi la sta suonando e cantando, stai creando gli strumenti che “credi” ti servano “adesso” per ascoltarla e renderla tale ai tuoi sensi… potresti però anche scegliere di essere tu stesso a comporla, suonarla e cantarla… oppure puoi scegliere di provare una piacevole sensazione e basta. Sapendo che TU sei la “piacevole sensazione” cosa scegli?

Cos’è più divertente e piacevole per te? Preferisci semplicemente immergerti nell’Amore puro e diventare a tua volta Amore puro oppure scegli di prenderne coscienza e sperimentarlo nella sua meravigliosa varietà di manifestazioni?

Ma tu sai benissimo che non devi rispondere alle domande perché è la consapevolezza di “ciò che credi di essere” a portele. Le risposte dipendono dall’adesso in cui ti trovi e possono essere diverse in un altro “adesso”; in ogni caso sono quelle che ti servono per riconoscerti ed ammirarti nella tua perfezione, in ogni caso hai “già dato” le tue risposte, le stai dando, e “continuerai a darle” in tutti gli “adesso” che vuoi o non vuoi immaginare.

La tua coscienza di “ciò che sei veramente” ti permette di sperimentare la “visualizzazione” di queste risposte. Rendendoti conto che tutto è pura “illusione” sai che non esistono né attori né spettatori, perché TU sei tutto questo nell’adesso che manifesti alla tua coscienza.

Da una parte credi di voler scegliere l’Amore puro, dall’altra preferisci immaginarti lontano da esso perché non vuoi smettere di giocare con ciò che definisci il “tuo corpo” e il “tuo mondo” ; scegli dunque di dimenticare che questi non ti girano intorno ma bensì sono “dentro” di te.

Ciò non toglie che sei e rimani l’Amore puro, sei tu che ammiri i molteplici aspetti delle tue manifestazioni scegliendo di “essere” quel “punto” in te che in questo istante ti è più congeniale per realizzarli e ammirarli, scegli quel “punto” che ti offre la possibilità di lodare la tua stessa perfezione qualsiasi cosa tu abbia scelto di essere e di fare.

ma lui, chi è?

(Masismo Enzo Grandi – testo del 1994)

Quando ancora frequentavo le scuole elementari (diversi anni orsono), nelle ore di religione non mi sentivo affatto a mio agio, ascoltavo sì con attenzione le parabole di Gesù, ma l'insieme del catechismo, in un certo qual senso, mi urtava; non riuscivo a capire cosa realmente ci fosse da imparare da una storia che finiva così male.

Molti anni ho dovuto subire degli insegnamenti che, a mio parere di adole­scente, erano inutili e campati in aria. Non ero il solo, e questo fatto era una com­prova dei miei sentimenti verso la Dottrina Cattolica, tanto da ritenerla una sorta di ideologia politica tanto forte, rispetto alle altre, da giungere addirittura sui banchi di scuola. Considerato che anche la politica è sempre stata fuori dal mio pensiero di essere umano (questo ancora adesso che sono ormai un uomo "maturo") ritenevo che Dio fosse solo una scusa per poter manipolare le persone più deboli ad esclu­sivo uso e consumo di determinate associazioni composte da uomini senza scrupo­li.

Ricordo che un giorno chiesi a mia madre: "Ma perché Dio?" e lei, che non era una grande frequentatrice della Chiesa, mi rispose: "Se non avessimo Dio non potremmo nemmeno esistere, né come persone né come Anime". Ripensandoci ora mi rendo conto dell'enormità di questa sua affermazione, e sono sicuro che se la avessi compresa prima non avrei perso tutto questo tempo.

Quel giorno, ormai a venticinque anni suonati, che mi resi conto veramente di ciò che realmente fosse Dio, scoprii di aver perso un sacco di tempo in una atea apatia che ora ritengo una parentesi comatosa del mio spirito.

Ciò che mi propongo in queste pagine è dedicato particolarmente a quelle persone che, come io allora, non riescono a concepire, a livello mentale, che Dio è solo un semplicissimo nome per definire ciò cui l'universo deve tutto, che in realtà:

"Ogni nome è suo e ogni cosa gli appartiene"

Spesso mi capita che, amici o conoscenti, mi rivolgano la domanda:

"Ma chi è Dio?"

Questa domanda è molto imbarazzante. La mia concezione di Dio è talmente ovvia e logica che potrei trovare sciocca la questione, se non avessi avuto l'esperienza diretta, di questa sensazione di vuoto interiore, che spinge a porla.

Dipende moltissimo da colui, o colei, che la porge; sorge, nella maggior parte dei casi, spontanea alla persona cui ti rivolgi con i discorsi più disparati, in cui ab­bracci il significato del Divino Essere nel tentativo di giustificare determinate azioni o comportamenti; rende, nel discorso, più palese il "pensiero" della per­sona in questione, pensiero il quale può derivare da una mente bigotta, da un fana­tismo religioso, da una forma di egoismo materiale prodotta da delusioni personali, quindi difficilmente disposta ad ascoltare la risposta, oppure, in una situazione più costruttiva, da un serio interessamento al raggiungimento di uno stato d'animo volto alla realizzazione dello Spirito Divino.

La maggior parte delle volte, dopo la definizione di Creatore del Tutto, mi so­no visto ribadire (domanda più che giustificata) che: "se tutto ha avuto un inizio an­che Dio deve averlo avuto". Questo punto richiede una definizione di inizio che purtroppo non è così semplice da dare a queste persone, in quanto non hanno an­cora realizzato che Dio non è né una persona né una cosa, bensì va' oltre la materia e, soprattutto, oltre ogni umana concezione.

Se, in modo errato, siamo in grado di negare, in modo drastico, l'impossibi­lità di un inizio della nostra consistenza di materia e di pensiero, dobbiamo quindi realizzare l'indefinita eternità, quindi qui non parliamo più della parola "Dio", bensì della parola "Eterno".

Eterno significa letteralmente "senza inizio né fine", quindi, se veramente siamo consapevoli di uno svolgere dell'eternità, siamo già sulla buona strada per realizzare anche il significato di "Tempo". Questo tempo esiste ora come esisteva ieri e come esisterà domani (tre situazioni molto vicine alla nostra percezione). Siamo pure consapevoli che prima che noi nascessimo ci fosse stato qualcosa, e che quindi noi siamo giunti a far parte di questo qualcosa; riconosciamo quindi l'esistenza di altro oltre a noi stessi (nel limite cui arriverò più avanti); l'esistenza non è nient'altro che l'essere (noi siamo, voi siete, essi sono, oppure anche: siamo stati, siete stati, sono stati).

Se già ci risulta difficile definire, in modo concreto e tangibile, l'inizio, l'eternità, il tempo e l'essere, come qualità, dobbiamo pure comprendere quanto lo sia di più definire colui che queste tre cose le comprende in modo completo; chi veramente "ha orecchi per sentire" saprà, a questo punto, dove rivolgere le proprie ricerche per giungere alla comprensione (seppur in modo semplice e limitato) di ciò che continueremo a definire "Dio" (come d'altro canto si è sempre fatto).

Quella parte del nostro cervello umano che ci dà la possibilità di avere le nostre idee, le nostre opinioni e, in modo particolare, le nostre sensazioni, è abitua­ta a collegare l'immagine di Dio al corpo (limitandolo in modo misero) di un arcano signore dalla barba bianca e seduto su un trono tra le nuvole; lo immaginiamo compassionevole che tende la mano a qualcuno che ne ha bisogno, oppure serio e imponente mentre giudica cattive azioni, dimentichi di ciò che veramente dovrebbe rappresentare nella nostra vita quotidiana, e non solo, superficialmente, la domeni­ca o durante le feste comandate.

Solitamente ci rivolgiamo a lui (sia che ci si creda realmente o meno) per ri­chiedergli dei favori particolari, giungendo talvolta a proporgli dei veri e propri ri­catti (se mi aiuti ti prometto che...) o altrimenti recitiamo qualche preghiera per mettere a tacere la nostra coscienza se abbiamo commesso qualche peccato. In qualsiasi caso ci affrettiamo a misconoscerlo se non ci concede palesemente la grazia che gli richiediamo.

Quanto siamo miseri e ipocriti!

Nella sua incommensurabile onnipresenza lo denigriamo ad una semplice an­cora di salvataggio dei casi estremi, ignoranti della sua vera essenza, dimentichi della sua opera nell'universo, ma, peggio ancora, convinti che null'altro gli sia do­vuto.

Quando duemila anni fa, Gesù, compiva azioni miracolose e predicava inse­gnamenti fondamentali per tutto il genere umano (e non), poteva vantare la sua di­scendenza diretta del divino Padre, perché ne era in costante contatto; sia che giun­se sulla terra mandato da Dio in persona o che abbia acquisito in seguito (come as­seriscono taluni) il metodo di entrare in contatto diretto con lui. L'importante non è come lo sia stato, come tanto meno è importante la concezione immacolata da parte di sua madre Maria, tutte queste disquisizioni divergenti, in seno alle varie teologie, non fanno nient'altro che ingarbugliare ulteriormente quel senso di verità che Cristo ha cercato di insegnare a coloro che lo stavano ad ascoltare.

Anche altri profeti, malgrado fossero di umili origini, tenevano monologhi dai profondi significati spirituali spinti dalla presenza divina in loro, riuscendo addirit­tura a proferire enormi e importantissime sublimazioni dell'esistenza, permettendo alla presenza di Dio, in loro, l'utilizzo dei loro organi vocali.

Vorrei qui precisare, per coloro che non concepiscono minimamente il si­gnificato di Dio, che queste asserzioni servono principalmente a spiegare come egli si comporta nell'ambito dell'esistenza umana, di modo che sia più semplice giungere anche al suo concepimento come esistenza reale e non solo ideologica.

Come possiamo dunque essere certi che queste persone, Gesù o i profeti, abbiano realmente tenuto un comportamento sotto la guida, o - meglio - dietro ispirazione diretta, di Dio e non per una strana forma di alienazione mentale?

Sappiamo benissimo che esistono al mondo molte persone che agiscono in modo riprovevole con la convinzione di essere stati toccati da ispirazioni o rivela­zioni divine, e in molti casi, purtroppo, ne hanno fatte le spese molti innocenti, siamo quindi sempre abbastanza restii nell'accettare per vero ciò che il nostro prossimo ci propina; più che giusto!

Cerchiamo quindi di distinguere nettamente ciò che viene ispirato realmente da Dio e ciò che invece potrebbe passare per tale.

Prescindendo dalla reale ispirazione dei testi ritenuti a tutt'oggi sacri, sia i testi della Bibbia o del Corano ecc., possiamo fare in modo di estraniarci per un attimo dalle convinzioni che ci siamo creati nell'arco della nostra presente esistenza sulla terra e analizzare obiettivamente quale sia la situazione principale per la no­stra esistenza, cioè il benessere. Qualcuno penserà subito al cibo, chi ai soldi o alla natura incontaminata, al sesso o a qualunque altra cosa, dimenticando quello che è il sentimento e la sensazione verso queste cose, cioè la gioia, la pace e l'amore! Queste sensazioni di piacere non sono strettamente legate all'oggetto cui diamo importanza, dipendono esclusivamente dalla nostra mente; una dimostrazione ovvia la troviamo nel fatto che alcuni di noi trovano buone determinate cose che ad altri invece non piacciono assolutamente, quindi questo "oggetto" del piacere non ha l'importanza che invece ricopre il piacere in sé stesso, ne deduciamo quindi che il nostro benessere è nel provare una sensazione, non nell'oggetto che ce la procura.

Considerando ora che siamo tutti, per così dire, sulla stessa barca possiamo benissimo renderci conto che tutti proviamo piacere, dovrebbe dunque risultare più facile immaginare l'umanità intera immersa in questa situazione, senza che alcuno ne rimanga escluso con le scuse più banali, quindi realizziamo la fratellanza tra in­dividui, nazioni, popoli.

Quell'espressione estasiata che viene proposta nei ritratti di Gesù o di Santi non è affatto un'espressione beota, tutt'altro, è l'illuminazione di chi vive veramente nel continuo benessere spirituale; se qualcuno ci fotografasse mentre proviamo l'apice del piacere saremmo anche noi esattamente così, non per questo, però, stu­pidi.

Questo nostro quadro astratto di Dio sta' man mano prendendo quindi dei li­neamenti precisi, vale a dire: Eternità, tempo, essere, amore, benessere, sentimen­to, sensazione; decisamente sono esclusivamente attributi che non si possono toc­care direttamente con mano, ... li si possono però sperimentare, e non superficial­mente come siamo abituati a fare, bensì entrando nel loro più profondo significato.

Saliamo di un piccolo altro gradino, cercando di capire meglio taluni suoi interventi nella nostra esistenza.

Quando, come ci spiegano le sacre scritture, creò l'universo, di sicuro non si mise a tavolino a preparare i piani ed i progetti, è un'immagine distorta che viene dettata dall'arretratezza culturale.

Se noi per un attimo riusciamo ad immaginare un piccolo vuoto, un nulla, uno spazio di inesistenza abbiamo, seppur in modo minimo e paradossale, l'aspetto di Dio prima della creazione (Dio è nulla, potrebbe, in qualche modo, essere una asserzione reale), questo caos segue una determinata Logica, è il nulla che giunge a riflettere sulla sua inesistenza, creando una catena di reazioni, di riflessi; è per questo che il mondo materiale non è preso in considerazione da Gesù e da altri maestri appartenenti ai più svariati gruppi religiosi; sempre per questo Gesù disse a Ponzio Pilato che il suo regno non era di questo mondo, semplicemente perché questo nostro mondo si trova nell'immaginario. Vi prego di non fraintendere questa definizione: non è che non esiste, esiste sì, ma solo in una particolare dimensione. Per essere più chiaro vi porto un esempio banale ma importantissimo: i suoni, i colori, la materia e l'energia sono misurabili su una scala di modulazione, vale a dire che se si potesse modificare la modulazione di un suono su determinate fre­quenze si otterrebbero dei colori, lo stesso procedimento sui colori porta alla ma­teria, mentre sulla materia porta all'energia; naturalmente non disponiamo delle ap­parecchiature necessarie per mettere in atto questa evoluzione, cioè, la nostra mente sarebbe in grado di farlo (miracolistica) ma, per fortuna, solo chi ne ha l'ef­fettiva coscienza può permetterselo. Sapreste, in effetti, immaginarvi le conseguen­ze, se il genere umano attuale dovesse possedere questa qualità? Si creerebbe una situazione di disordine totale; ognuno, seguendo il proprio metro mentale, modifi­cherebbe a proprio piacere il sistema delle cose (chi ha visto "Cenerentola" di W.Disney si ricorderà del ballo finale dove le due fatine cambiano in continuazione il colore dell'abito della loro prediletta).

Detto questo ci rendiamo conto che il tutto segue un determinato ordine, il quale è unico in tutto il nostro universo conosciuto.

Accennavo prima ai Profeti, sia maggiori che minori, i quali sono riusciti ad entrare in questo sistema di evoluzione spirituale malgrado talvolta, appunto, non avessero avuto delle formazioni particolari. Essi erano quindi spontanei nei loro ragionamenti e nel loro comportamento, e questo ha permesso loro di seguire senza pregiudizi il movimento modulatorio portandoli ad immergersi nella co­scienza comune che ha origine da Dio e che è la stessa per ogni cosa creata.

La nostra mente è invece inquinata da migliaia di informazioni, corrette o meno, che inibiscono in modo sensibile delle concezioni elementari riguardanti l'esistenza del tutto, ci buttiamo in complicate teorie, eludendo le cose più banali che sono insite nel nostro più profondo pensiero, dando più importanza alla nostra mente piuttosto che a quella presenza che le permette di operare sul piano fisico, presenza che è una e unica per tutti, ma che però non ci forza in nessun modo a ri­conoscerla o a divenirne schiavi. Questa presenza rimane in attesa di venir scoper­ta, a comprova della sua grazia e benevolenza; di fronte ad essa saremo noi stessi a riconoscerne la supremazia assoluta, noi stessi comprenderemo il nostro gretto comportamento nei confronti della Sua Logica, del suo Amore.

Dobbiamo quindi, in un certo qual modo, fare il possibile per comprendere che esiste una sola Verità, che è semplice più di quanto non possiamo credere. È inutile quindi cercare di comprendere la vita scindendo l'atomo o con esperienze analoghe, dimenticando nel frattempo di porgere un sorriso a coloro che ci accom­pagnano in questo passaggio obbligato.

Quando Gesù, nel deserto, denigrò metaforicamente l'offerta di Satana, di­mostrava l'inutilità dell'affanno, da cui ci lasciamo perseguitare, verso le "cose" di questo mondo; dimostrava la sua presenza esclusivamente materiale su questa di­mensione mantenendo il suo Vero Essere nel mondo spirituale, conscio di cosa fosse veramente importante. Malgrado ciò, in molti, sia dei suoi seguaci che altri, si rivolgevano a Lui chiedendogli guarigioni del corpo fisico, chiedendogli dimostra­zioni tangibili della sua potenza; quel giorno che però quella donna tra la folla guarì, toccando a Sua insaputa un lembo della sua veste, Egli si rivolse a quell'anima facendole notare di come fosse stata la sua fede a guarirla, non Gesù stesso. Possiamo dedurne che ognuno di noi, con l'apertura mentale volta alla Veri­tà, può arrivare ad ottenere condizioni ottimali di esistenza (non è cosa semplice, comunque) che si basano esclusivamente su cose che non sono di questo mondo, non sono di questa dimensione a noi nota.

A questo punto siamo in grado di avere un aspetto di Dio basato su una per­cezione mentale che, pur piccola o grande che sia, rasenta solo in modo lieve quello che è realmente la Sua "natura". Molti di noi ritengono che, essendo l'uomo stato creato a sua immagine e somiglianza, egli sia per forza definibile come po­tremmo definire nostro padre o nostra madre, quasi a suggerirci che, in qualche parte dell'universo, esista un originale di prototipo umano che ha costruito delle copie esatte di sé stesso, ma che avrebbe, in un certo senso, fallito nel suo in­tento, considerandone l'evidenza del risultato. Se noi invece riusciamo ad immagi­nare l'essere umano come composizione di sentimenti ed emozioni, riusciamo pure a capire che noi gli abbiamo voltato le spalle, attaccandoci maggiormente alla ma­teria anziché allo spirito. Questo ci è stato possibile con il desiderio, lo stesso che ha attirato l'attenzione dei progenitori Adamo ed Eva verso il frutto del peccato (di qualsiasi genere sia stato) anziché verso la sublimazione di un'esistenza più sottile. Non me ne vogliano, qui, gli gnostici che danno un significato molto diverso a questo passo della genesi, molto interessante senz'ombra di dubbio, ma molto me­no diffuso di quanto non lo sia la versione ufficiale riconosciuta dalla Chiesa, dove troviamo che Eva (Zoe) è la vera luce divina nascosta dal Metropator (Dio) in Adamo (Adamas), e che il serpente non è che una manifestazione di Dio per riuscire a sal­varli dall'ombra degli Eoni in cui sono, in un certo senso, prigionieri, e dove ri­mar­ranno, come dicono anche le scritture ufficiali, sino all'intervento del Cristo do­po la crocifissione.

Naturalmente non sta' a me asserire la veridicità di una versione anziché l'al­tra, entrambe mettono in evidenza la pienezza della Luce Divina che è la stessa per entrambe i casi, ci sono inoltre centinaia di altre ideologie religiose o scientifi­che sulla Genesi dell'Universo, che, in qualsiasi caso, non potrebbero mai rendere effettivamente l'idea di ciò che realmente fu, esattamente come non sapremo mai se Gesù, sulla croce, disse: "Eli, Eli lamma sabactani", cioè "Dio, Dio perché mi ab­bandoni", oppure: "Heli Lamah Zabac Tani" che, secondo A. Kaiser, sono parole in lingua Maya che significano "Ora sommergimi nella luce della tua presenza" dovute ad una permanenza iniziatica del Cristo in Tibet, durante gli anni di cui non ci sono state tramandate cronache, e dove si ritiene vi sia, tuttora, la sua tomba.

Man mano che proseguiamo notiamo che: Dio è un insieme di attributi: Luce, Amore, Eternità, Fede, energia, ecc., molti dei quali siamo perfettamente in grado di comprendere con la nostra seppur piccola mente, e quindi anche il più scettico tra i scettici dovrebbe, per un attimo, afferrare un piccolo bagliore di quali sensa­zioni provochi, in noi, la presenza di Dio; sono sensazioni che comunque non sono legate al solo proprio piacere, bensì al piacere collettivo, per questo un vero illu­minato da Dio, non potrà mai provocare danno, in nessun modo, al suo prossimo, oppure spingere qualcun'altro a farlo, così come non si metterà a combattere un sistema politico o, come purtroppo succede spesso, un'altro ordine religioso.

Il vero illuminato, inoltre, non sarà mai crudele o cattivo contro chi ha pec­cato, egli lo richiamerà con fermezza e con amore come una Madre o un Padre fanno con il proprio figlio; potrà sì, punirlo, ma mai in modo brutale.

Queste semplici indicazioni sono basilari per non doversi trovare a seguire determinati personaggi che si ritengono Messaggeri di Dio, e che ne manifestano pure determinati attributi (taluni, in effetti, non sono esclusivamente Divini), ma che in realtà seguono uno scopo egoistico, e spesso tragico per chi, in buona fede, si lascia attrarre da banali lusinghe o da veri e propri lavaggi del cervello ad opera di alienati mentali (potrei riportare casi del genere ma sono sicuro che chi legge ne sia senz'altro a conoscenza e preferisco lasciare nel passato ciò che è stato).

Purtroppo, però, "grazie" a queste esperienze, siamo portati al rinnego a priori di qualsiasi individuo tenti di proporci delle rivelazioni Divine; i veri Santi, per esempio, sono stati dichiarati tali solo dopo la loro morte, impedendo all'umanità di approfittare degli insegnamenti morali di questi mentre erano ancora in vita. Di sicuro siamo così vuoti di spirito che rinchiuderemo Gesù in un mani­comio, quel giorno che ritornerà dichiarandoci di essere il Cristo, obbligandolo quindi a doversi manifestare in un modo eclatante, sperando che non venga scambiato per qualche trovata pubblicitaria o per il set di un film con effetti speciali.

I veri Induisti, per esempio, ritengono che Brama (il padre, Dio) si incarni sulla terra, di era in era, in particolari situazioni di necessità, da parte dell'uomo, della presenza divina; per questo motivo venerano, in modo profondamente devo­zionale, molte persone (viventi) che ritengono Santi e, addirittura, ritenendone talune Incarnazione di Dio. Purtroppo sorge un po' di confusione perché ognuno dei vari gruppi ritiene di aver trovato il Santo dei Santi, ma ... se fosse vero? Hanno quindi ragione nel dedicarsi a loro con il corpo e con lo spirito e, oltretutto, la loro rinuncia quasi totale ai beni materiali fa' sì, che non abbiano nulla da perdere, al massimo di che guadagnarci.

Noi, presunti Cristiani, ci riconosciamo per quei materialisti che siamo, ma non facciamo nulla per porvi rimedio, stiamo soltanto ad aspettare che giunga qualcuno con la bacchetta magica e ci porti o in Paradiso o all'Inferno, con­tinuando a comportarci come meglio crediamo, ognuno per conto suo, anche se pretendiamo di dimostrare che siamo uniti o in questo o in quello; siamo pronti a dare un aiuto finanziario alle società di beneficenza, quando al nostro vicino di ca­sa, paralizzato nel letto, basterebbe qualcuno che gli tenga compagnia, in modo spontaneo e non forzato (o addirittura pagato), per mezz'ora al giorno, tanto per sentirsi ancora vivo.

Se Dio è Amore anche noi lo siamo, se Dio è Luce anche noi lo siamo, se Dio è misericordioso lo possiamo essere anche noi, senza imporci dei propositi di aiutare il prossimo a tutti i costi per fare piacere a Dio (o peggio per riscattarci da qualche peccato), ma dobbiamo esserlo nella coscienza di vivere nella condizione di Grazia e Misericordia.

Nessun uomo è uguale, così come nessun fiocco di neve è simile all'altro, l'uguaglianza sta in ciò che sostiene il tutto; è una situazione che dovrebbe essere sperimentata da tutti, indistintamente, per poterla veramente assaporare nella sua dolcezza e nella sua realtà; è questo fondo di uguaglianza che fa di molti uomini l'umanità, e di molti fiocchi di neve la valanga. La grandezza di Dio dipende da dove la si guarda; come la montagna, che si vede piccola in lontananza e diventa enorme quando ci si trova ai suoi piedi, lo stesso è Dio, più ci avviciniamo più di­venta immenso, più gli permettiamo di esistere fuori e dentro di noi, più noi esiste­remo in Lui, più gli saremo simili nel significato biblico.

Per questo motivo posso assicurare che chi conosce l'Amore conosce Dio. Non sono assolutamente due cose separate; il fatto di insistere su "Dio" anziché ac­contentarsi di "Amore" è proprio perché con questo termine si comprendono anche le altre qualità che ho enumerato sopra (in modo succinto). Se, a questo punto, non siamo ancora in grado di distinguerlo come Unico è semplicemente perché non abbiamo ancora sperimentato, direttamente sulla nostra pelle, alcune sue proprietà, che ne costituiscono la caratteristica fondamentale.

Noi possediamo anche un istinto di conservazione che ci sostiene, ci salva la vita in situazioni critiche della nostra esistenza, per quanto riguarda invece il so­praggiungere certo della morte, ci lasciamo prendere dalla paura, dal panico, che sono dovuti, principalmente, alla nostra ignoranza, all'errata interpretazione del nostro sistema vitale. Non siamo capaci di vedere che noi, in qualità di Spirito, sopravviviamo all'Anima di carne e ossa, rimanendo in seguito in uno stadio di at­tesa alla riunificazione con il principio divino. È una situazione al di fuori della concezione logica di questo mondo; l'altro mondo è per noi solo una parola, una definizione che ci lascia indifferenti perché, in fondo, non ci crediamo. Eppure du­rante il sonno non sappiamo dove siamo, non ce ne rendiamo conto, non abbiamo più il contatto con il nostro corpo, come lo abbiamo durante lo stato di veglia; du­rante il sonno arriviamo, persino, a toccare altri livelli di esistenza con il sogno, gli incubi... ma, quando ci corichiamo, non abbiamo paura e terrore, è ormai una pra­tica abituale di cui non ci preoccupiamo, non ci prendiamo nemmeno la briga di analizzarla; in fondo, però, anche lo stato di sonno non è una componente logica del nostro modo di vedere le cose. La "morte" non può essere sperimentata prima, ma effettivamente segue lo stesso funzionamento del sonno, in forma più incisiva senz'altro, ma non, per questo motivo, da affrontare con timore. La morte dei no­stri cari ci darà pur sempre dispiacere; quando si abbandonano gli affetti è logico che si provino tristezza e amarezza, ma in noi deve sopravvivere la certezza del rincontrarsi in situazioni migliori, ci si deve convincere che l'altro mondo è la Luce di Dio, la sua immensità, il suo Amore, perché in quel momento siamo esclusiva­mente Spirito e non materia, esseri pneumatici, senza ostacoli all'Illuminazione ce­leste.