lunedì 18 aprile 2016

Il libro che vorrei leggere (Bozza)

Ho trovato libri che quando li ho chiusi dopo averli letti mi hanno fatto tirare un profondo respiro pensando “Dio, che bello”.

Non tutti i libri riescono a darti questa meravigliosa sensazione di riconoscersi, scoprirsi, viversi come se non solo lo stessi leggendo, ma addirittura come se lo stessi scrivendo tu, come se narrasse la tua storia in un modo che anche tu non avresti potuto fare. Non avresti potuto perché non l’avevi mai neppure riconosciuta in quel modo.

Alcuni di questi libri li trovi su scaffali quasi per caso. Sono lì che ti magnetizzano, ti stuzzicano. Forse ne hai già sentito parlare o hai letto qualche spezzone in un momento qualsiasi e in un posto qualsiasi. E quello spezzone ti è rimasto attaccato da qualche parte come un post-it.

Solitamente prendi tra le mani quell’insieme di fogli con una mano ferma e decisa. È il braccio che forse ancora fatica a portarlo più vicino a te. Quasi la paura di rimanere deluso. Il profumo è quello giusto, ora mi tocca assaggiarlo.

È quello giusto? Ma qual è il libro giusto? E perché proprio quello è quello giusto e non un altro? E ancora perché quello che è giusto oggi potrebbe non esserlo domani e viceversa?

Non sempre il libro che hai per le mani è quello che vorresti avere per le mani. Anche se poi però ti rendi conto che è comunque stato bello averlo proprio lì, leggere di qualcosa che non ha mai fatto parte di te ma che comunque è parte di un altro punto dell’universo che illumina il nostro cielo. Questo lo leggi perché comunque ti mostra lo stesso tuo mondo visto con altri occhi.

Mentre tu ammiri le meraviglie dei fondali marini ecco che qualcuno ti mostra la bellezza dello spumare delle onde contro la costa. Mentre qualcuno ti descrive la pace nello star sdraiato sull’erba di un prato ecco che tu invece lo vivi sulla cima di un corpo celeste che roteando a migliaia di km all’ora attraversa con evoluzioni a spirale uno spazio infinito. Mentre qualcuno fa un giro in bicicletta tu pedali a far girare il mondo sotto le tue ruote…

Ma allora com’è il libro che vorrei leggere?

In fondo il libro che vorrei leggere è quello che tutti vorrebbero leggere. È quello che ti cattura dall’inizio. Quello che risveglia in te emozioni già vissute o anche no. È quello che è gentile quando lo sei anche tu. Quello che sa essere eccitante quando sei pronto a lasciarti eccitare. È quello che ti dice quello che vuoi sentirti dire e che ti insegna cose che non sai o che credi di non sapere. Che ti rivela lati oscuri di te che non immaginavi neppure di avere.

Il personaggio principale del libro che vorrei leggere sono proprio io. Che lo voglia o no sono sempre io il soggetto di quel libro.

Lo sono nella trama sotto forma di personaggi, luoghi, situazioni. Nelle vittorie e nelle sconfitte. Lo sono nella relatività del giusto e dello sbagliato, nella semplicità di una formula complessa.

Lo sono in ogni singolo personaggio che riesco a delineare secondo quanto ho osservato negli individui che ho incontrato nella vita reale. Nel maschio e nella femmina. In un popolo, in una terra o nel Viskovitz di turno (in riferimento al libro di Alessandro Boffa “Sei una bestia Viskovitz” edito da Garzanti).

A volte lo sono proprio con tutto me stesso nelle situazioni vissute in prima persona, ma anche in quelle sognate e desiderate o persino in quelle che proprio non vorrei mai sperimentare sul serio.

Il libro che voglio leggere dunque è quello che mi parla, che si rivolge direttamente a me, alla mia attenzione o al mio subconscio. Mi elogia, accarezza il mio ego con lusinghe, offende a volte il mio senso del pudore, mi accende d’ira o d’amore, di dolcezza e di violenza.

Il libro che voglio leggere mi dice:

Ecco, ora sei tutto quanto stai leggendo. Che tu lo voglia o no sei entrato a far parte integrante di queste pagine. Esse vivono esclusivamente perché tu le stai leggendo. Si rivestono dell’importanza che d’ora in poi darai loro.
Non sono tanto le parole che leggi che creano la trama o che forgiano la storia, bensì è la tua mente che l’accetta, che la riveste dei colori della curiosità e attenzione oppure la tinge di grigio rendendola scontata.
Posso solo sperare che tu sappia trovare quel perfetto giusto punto di incontro tra gli apparenti opposti. L’aurora tra la notte e il giorno, l’arcobaleno tra il sole e la pioggia.
Sono un insieme di lettere messe in una particolare sequenza per riuscire ad esprimere ciò che spesso nemmeno con la voce si riesce a fare facilmente. Sequenze logiche a volte naturali e scorrevoli e a volte articolate e complesse da doverle rileggere per la sicurezza di averle colte nel giusto significato.
Tutti questi segni, questi spazi, queste punteggiature che il tuo occhio sa distinguere e che il tuo cervello riconosce e ricompone tra i due emisferi sublimandoli con la meraviglia dell’immaginazione. Mi sai riconoscere come il libro che vuoi leggere?

Ci sono comunque molti tipi di libri.

Ci sono quelli solo pensati. L’immagine mentale di un insieme di fogli sciolti sovrapposti. Sono fogli imprigionati in una copertina neppure abbozzata ma che è lì perché deve esserci. L’argomento che lega i vari fogli è sconosciuto perché lo scopo di quel libro è solo personale, per lo più economico. Diciamo pure che è solo un sogno di grandezza che non sa pronunciare una sola parola di utilità.

Ci si eleva fino a quel libro già previsto in ogni suo paragrafo, in ogni singolo capitolo, quello – per intenderci – che sarà disponibile in tutte le vetrine tradotto in centinaia di idiomi, un giro di milioni, un complesso meccanismo che coinvolge un universo intero.

C’è quello che ha tutte le parole che ne contengono la meraviglia ma ancora nessuna immagine o desiderio di realizzazione effettiva, quella che lo potrebbe far vivere sotto forma di stampa, pronto per essere divorato da altre menti.

C’è anche quello che cresce un paragrafo all’anno perché tanto non ha fretta di venire pubblicato, divulgato, apprezzato o odiato. È lì proprio per il tempo che trova tra altre necessità.

Mi sai riconoscere come il libro che vorresti leggere?

Sono forse un libro dalle parole appena sussurrate con un filo di voce? Parole che splendono chiare e inequivocabili che però odi come bisbiglio solo nella tua interpretazione? Parole nitidamente composte da tratti, curve e punti che non potrebbero essere altrimenti, dove le lettere si seguono l’una all’altra, alternate da spazi dai quali fuggono repentine le immagini le più personali?
Sono quel libro con parole che non ti violentano nell’intimità, con le frasi che scorrono come fresche acque di fonte, i paragrafi che rivelano dolcemente i vari colori dei capitoli? Ora un verde marino. Ora invece un rosso sangue che sfuma ai bordi con altre tinte, che a momenti sbiadiscono e in alcuni punti improvvisamente scompaiono su di uno specchio che riflette il tuo volto, ora sereno, ora curioso, ora rigato da una lacrima di tenerezza.
È ancora presto per dirlo. Per ora ti sto solo accompagnando nella scelta del libro che vuoi leggere… perché tu vuoi leggere un libro, vero?

Certo che voglio leggerlo, per quello sto cercando di definire come voglio che sia il libro che voglio leggere. Non è una cosa facile, certo, e credo ci voglia il suo giusto tempo per poterlo finalmente delineare in un contesto ben preciso.

Comunque voglio anche leggerlo nel momento che mi è più opportuno, cioè quando so che lo posso inspirare appieno, non come quando sono raffreddato che fatico a riempirmi i polmoni di vita. Non posso leggere qualcosa di amaro quando ho voglia di un dolce, ma può benissimo essere sia amaro che dolce quando la mia mente (il mio palato) ha la giusta frequenza per apprezzare sia l’uno che l’altro come qualsiasi altra qualità possa venir sprigionata alla sua lettura.

Dunque oggi è martedì e mancano pochi minuti alle 21:00 e tu vorresti un libro che riesca a comprimere la giornata appena trascorsa in modo da affrontare la notte a cuor leggero con la possibilità che domani ti sveglierai con la neve…

Non proprio così. Se io ti leggo domani e in un altro orario non sarebbe più martedì. Non sarebbero più le 21:00. E poi in un altro giorno ancora sarà piena estate ed il rischio di svegliarmi con la neve sarebbe (pressocché) inesistente, anche se forse sarà martedì.

Diciamo che in linea di massima quel giorno che mi metto a leggere il libro che vorrei leggere lui non mi direbbe che è un altro giorno e basta, mi direbbe che è quel giorno lì. Niente popò di meno che quello. Senz’ombra di dubbio quello in cui io e lui ci troviamo semplicemente lì, mentre lo leggo e mentre lui si fa leggere.

Certo, e poi magari vuoi anche che ti chiami Bastian e che ti chieda aiuto per salvare Fantàsia… (Michael Ende “La storia infinita”)

Non proprio in quel senso. Direi certamente che ci deve essere una certa intesa, una complicità, ma però non così palese, altrimenti potrei anche averne paura.

No. Deve essere proprio come una strada che si accende man mano che la percorro. Su questa strada ci sono i ragionamenti, le rivelazioni e… certo, perché no, delle illuminazioni su ciò che è sempre stato lì ma che al buio non riuscivo a vedere. Su questa strada procedo a passo sicuro perché non ci sono ostacoli, e se ho l’impressione di essermi perso un fiore di campo che faceva capolino sul ciglio, beh, allora ritorno un attimo sui miei passi e lo cerco.

Devo comunque essere sempre io a gestire questo viaggio. Nel senso che, sì, voglio farmi rapire, ma deve succedere con il mio consenso e con mio piacere.

Perché? Ti è già capitato che sei stato rapito senza che lo desiderassi? Quale libro ti ha fatto ciò?

No. Non è proprio così dai. A dire il vero sì ma non in quel senso… e poi non era veramente un libro, forse un racconto. Un sogno. Qualcosa che mi ha preso e mi ha portato in un posto che non conoscevo ma che mi dava sicurezza. All’inizio. Dopo non più. Dopo era solo una specie di libro che non avrei voluto leggere, pagine che non avrei voluto girare ma che ho dovuto comunque lasciare indietro, che sono sempre ancora lì. Girate ma sono lì.

Sto pensando se ho pagato un riscatto per la mia liberazione. Magari sono ancora sotto sequestro e non me ne ero accorto.

Comunque non è stato un libro. Mi fa piacere saperlo perché non me lo sarei mai perdonato che carta della mia carta e inchiostro del mio inchiostro abbiano potuto farti del male. Non è certo quello il nostro scopo. Che io sia o meno il libro che vuoi leggere in nessun caso voglio essere ragione di pena per te.
Certo posso farti piangere, ma se lo faccio non è per ferirti. Se questo capita è solo il pianto che c’è in te che emerge in seguito alle mie parole, non sono io a chiamarlo. Infatti se lo fai è perché c’è già qualcosa in te che non è in chiaro. C’è un tuo desiderio di piangere che aspetta solo il momento di realizzarsi. La scusa sono le parole che io ti sto mostrando, ma in realtà in un altro frangente le stesse parole ti potrebbero lasciare indifferente. O addirittura ti potrebbero far ridere.
Vedi che in qualsiasi caso un libro è solo un mezzo per risvegliare in te le emozioni. Come ben sai le emozioni sono solo in te e mai nelle cose. Anch’io posso solo pescare nella tua anima pensieri di ogni genere.
Perché taci? Stai forse pensando a quali pensieri vorresti che ora ti portassi ad accarezzare? Non c’è bisogno che me lo chiedi. La risposta è Sì! Posso farti accarezzare qualsiasi tuo desiderio. Ma io ti chiedo: Cosa vuoi leggere nel libro che vorresti leggere? Vuoi leggere qualcosa di filosofico? Di storico? Di geografico? Oppure di poesia, di spiritualità? … qualcosa di erotico?
Il libro che vuoi leggere lo stai scegliendo tu. Solo tu sai dove vuoi arrivare leggendolo.

Effettivamente mi stai stuzzicando con l’idea di sapere dove voglio arrivare leggendolo. Finora pensavo solo a come dovesse essere per catturarmi e far si che sia il libro che voglio leggere a tutti gli effetti. Ma davvero hai fatto bene a farmi notare che l’importante è proprio il fatto di dove io voglio arrivare leggendolo.

E già.

Dove voglio arrivare?

E già. Dove vuoi arrivare?



Solitamente è una cosa normale. Uno entra in un negozio, si sceglie un libro così, per i più svariati motivi prende quello. Forse perché ne ha sentito parlare. Forse è stato consigliato. Forse lo prende perché si è fatto infinocchiare dalla pubblicità. I motivi sono tanti perché uno lo fa. Magari poi non lo leggerà neanche e lo prende solo per far vedere che ha preso quel libro.

Poverino. Si, anche il tipo dai.

Io invece no. Eccomi qui ad arrovellarmi, a sciupare forse un tot di materia grigia per la semplice ed originale trovata che voglio leggere un libro e deve essere il libro che vorrei leggere. Ma guarda te se un’altra persona normale, sana di mente, si va a mettere in testa una cosa simile. Io si, ed ora ne pago le conseguenze perché devo scoprire a tutti i costi cosa cavolo è questo libro che vorrei leggere. Ma non basta. Devo anche scoprire il perché lo voglio leggere.

Certo che anche tu però non è che mi sei di molto aiuto.

Questo lo dici tu. A me sembra che ti sto dando tanti begli input che ti stanno illuminando il cervello come i fuochi d’artificio sul lago di Lugano.

Pam… pim… papapapam… bum… psssscc…zip, proprio come faceva quel signore in televisione quella volta. Quello che imitava i fuochi d’artificio dei paesi della sua zona. Tutti ridevano di lui, ma i fuochi di quei paesi si riconoscevano perfettamente in quei suoni e sapevano che mancavano solo la luce ed i colori per essere precisi precisi.

Ecco. Nella tua testa ora ci sono tutti quei semini di alberi giganteschi che aspettano solo di trovare il solco giusto per mettersi comodi, sprofondare bene il culetto e far spuntare di sotto le radici. E di sopra ecco scaturire un tronco sempre più robusto pieno di foglie e carico di frutti. Annaffiali un po’ e vedrai. Per il concime invece non preoccuparti, ne hai già immagazzinato abbastanza in altri momenti.

Grazie per avermelo fatto presente. Cos’è, ne senti anche tu il profumo? A no, dimenticavo da dove provenisse la carta.

Mi meraviglio di me, non mi ero accorto di averti dato questo genere di input. Mi aspettavo una reazione più creativa. Comunque è colpa mia e della mia battuta di spirito sul concime.

Credo che invece la colpa sia di entrambe. Ormai non è più martedì … o diciamo che non è più il giorno che era prima anche se magari è lo stesso perché lo sto leggendo qui e ora, che equivale a ovunque e in qualsiasi momento… Va beh, lo so che è complicato ma è proprio quella roba li e basta. E poi tanto non ci si accorge se tra una riga e l’altra dormo un po’. Peccato che tu non possa andare avanti a scrivermi suggerimenti e consigli che mi aiutino a scegliere questo benedetto libro che vorrei leggere.

Purtroppo devo darti una brutta notizia: sono io a scrivere quello che leggi tu, quindi vai pure a dormire che io mi esprimo ancora un po’. Poi tu mi leggerai qui e ora (he he… questa te l’ho copiata).

Complimenti. Due frasi buttate li e poi più niente, devo di nuovo riprendere in mano io la situazione.

Niente di eclatante mi sembra. Se non ci sei tu a leggermi scrivendo io non esisto, ma anche tu non esisteresti per me se non mi scrivi.

Esatto. Ed è sempre qui e ora sia per me che per te. Quindi devo proprio dire che il libro che voglio leggere è ancora indefinito e devo darci dentro prima di riuscire a sistemare quel groviglio di lettere e punteggiature che stanno scoppiettando sul lago di Lugano con la luce fioca, luce che crea una debole vocalizzazione articolata da un simpatico signore, quello che qualcuno ha deriso in televisione. So che manca poco a definire questo libro che voglio leggere. Perché anche tu sai che manca poco… vero?

Possiamo sempre crederci, ma in fondo aspettiamo e vediamo dove riusciamo ad arrivare. Anche perché se ti dicessi che siamo ancora lontani – e bada bene che non lo sto dicendo ma sto solo ipotizzando – poi tu magari ti lasci andare, ti demoralizzi e non mi ascolti più. Mi lasci di nuovo da parte come quei pensieri che poi scompaiono nel dimenticatoio.

Comunque devo sgridarti, sai?! Ancora una volta hai lasciato sfumare alcuni bei fuochi senza appuntarli su uno di quei blocchi che lasci sempre in giro per casa. Ti ripeti sempre che sono pensieri così belli che non si possono dimenticare e poi invece li dimentichi. Immancabilmente ti rattristi per quello e ti riprometti di annotarli la prossima volta. Certo che lo puoi fare, ma non saranno più quelli. Saranno altri. Magari anche più belli, più chiari e profondi, ma mai più quelli.

Caffè?

Qui e ora? Ma sì dai. Intanto hai visto che nevica? Ma non qui e ora, nevica e basta. E Forse è anche mercoledì, ma solo forse, e forse stai prendendo il sole sulla spiaggia… sempre e solo forse… ma non sai se avere freddo per la neve o caldo per il sole sulla spiaggia. Spero che non ti lasci influenzare così spudoratamente dalle prime frasi che passano sotto i tuoi occhi.

Pensa che bello. Mentre scorri le parole sul tuo libro ecco che compare la parola “felicità” e tu ti senti felice. “Sazietà” e ti senti appagato. “Caffè” e ti viene voglia di berlo, ma anche no se preferisci il Te o un’altra bevanda. Il discorso però cambia se le parole sono cupe e tetre. “Pianto”, “Dolore”… o se a sfondo sessuale: “Orgasmo” .. zac…

Ma dai, cosa scrivi? Ma che opinione pensi che si possa fare la gente di me se scrivo queste cose?

Scusami tanto ancora, sai. Non ti facevo così pudico. Ma forse vuoi semplicemente tornare al nocciolo della situazione: scoprire il libro che vuoi leggere.

Dunque mi hai già detto apertamente che non deve essere come La storia infinita di Michael perché ne avresti anche paura. Non so però se darti veramente ragione in questo. Infatti noi stiamo comunque già dialogando da un attimo. Un attimo che è qui e ora. Io non ti sto chiedendo di entrare nelle mie pagine per aiutarmi. Non lo faccio perché mi sembra di aver capito che sono io che sto aiutando te a far emergere finalmente in modo palese quello che è il tuo vero desiderio.

Magari vuoi solo che la responsabilità nella scelta del libro che vuoi leggere sia solo ed esclusivamente la mia, così se va bene hai la soddisfazione di aver appagato un tuo desiderio (e così sarai pronto per esprimerne un altro), ma se va male scarichi la colpa su di me.

Non credo sia vero quello che dici. Tu mi conosci già abbastanza bene e sai che faccio sempre del mio meglio per non dare la colpa a qualcuno o a qualcosa ma cerco invece di dare più importanza alla mia reazione in merito, al mio sentimento al riguardo. Sai, del tipo “non mi piace questo” piuttosto che “questo è brutto”. Si beh, a volte ci casco anch’io ma faccio proprio più attenzione sapendolo. Anzi, mi auguro un giorno di poter dire con gioia che non lo faccio proprio.

Forse appunto il libro che voglio leggere non deve solo dialogare con me nel modo giusto e al momento giusto. Probabilmente lo voglio anche eticamente corretto. Saggio. Profondo. Morbido e accogliente da dare pace e sicurezza.

E visto che non è simile a quello di Michael allora magari sarà un tipo quello di Richard Bach, quello con Donald Shimoda che dimentica “La guida del Messia” sul biplano di Richard (Richard Bach “Illusioni, Le avventure di un Messia riluttante). Tu vorresti quindi quella guida che in ogni situazione puoi aprire a caso e leggervi la sentenza e il consiglio più appropriato. Un consiglio eticamente corretto, saggio e profondo proprio perché viene dal Messia in persona. Saggio, profondo, morbido e accogliente perché sai che “il Messia” non ti tradirà mai proprio perché è il Messia.

Quanti hanni hai?

Lo sai benissimo che qui e ora ne ho (quasi) 58. Mancano ancora nove mesi che nel frattempo sono magari anche passati da qualche anno (pensavi di esserti liberato di questa mia ossessione…) Ma perché me lo chiedi?

Volevo solo farti la battuta “Ma credi ancora a Gesù Bambino?”.

Renditi conto che sono sempre e solo libri. Capitoli, Paragrafi, Frasi, Parole messe lì magari anche con tutto il cuore ma tutto messo lì da qualcuno che forse, e lo rafforzo bene quel forse, voleva proprio dire quello che tu hai capito. Forse chi ha scritto quelle cose lo ha fatto solo perché aveva a sua volta bisogno di qualcosa di rassicurante, qualcosa che gli facesse credere che possano esistere queste cose…

Stai cercando di dirmi che non esistono?

Ma niente affatto, anche se non voglio dire che è certo che esistano o che non lo facciano… di non esistere insomma, ma semplicemente che sono belle cose emerse da qui e ora di pace e gioia, esattamente come su altre pagine ci sono cose terribili che emergono da qui e ora di sofferenza, di terrore, di erotismo. Quindi sono tutte cose che fanno bene o male ma che non ti devono ossessionare per il resto dei tuoi giorni. Sono lì in quel qui e ora e lì devono restare. Non sono la rappresentazione dell’eternità.

Leggere di Maria Goretti o di Moana Pozzi è uno stimolo per portare in superficie ciò che hai dentro, ma il tutto deve fermarsi lì in quel qui e ora. Il tuo essere più profondo sa fare tesoro di queste cose e tu non hai bisogno di fartele ronzare ossessivamente nella testa facendo di te un bigotto o un ossessionato dal sesso. Sii sempre te stesso e vedrai che nella lettura coglierai sempre e solo quello che devi cogliere. Poi lo archivi e lasci che sia il tuo raziocinio a far emergere quello piuttosto che quello in base alla situazione in cui ti trovi.

Mi lasci quasi senza parole. Sembra che mi stai dicendo che qualsiasi libro potrebbe essere quello che voglio leggere. In effetti mi è già capitato di rimanere colpito da frasi sentite per caso in luoghi qualsiasi, dal testo di una canzone, da una battuta di spirito o letta su un fumetto.

Come quella volta che per giorni continuavo a pensare a quella massima leggermente modificata in modo da stravolgerne completamente il significato. L’ho trovata così bella e così profonda che mi spiaceva di non averla scritta io: “Hai voluto la bicicletta? Ti aiuto a pedalare”.

Ancora adesso la trovo bellissima, così piena da assumere un volume e un peso non indifferente. Eppure è una semplice massima che abbiamo ripetuto in modo diverso rendendola quasi offensiva e menefreghista. Quel finale che abbiamo sempre detto prima “Pedala!” non fa più ridere. Mostra anzi la nostra malignità, la nostra indifferenza e trascuratezza verso il prossimo. Invece “Ti aiuto a pedalare” è pura emozione. È un sorriso sul viso di chi la dice e su quello di chi ha comperato la famosa bicicletta che ha bisogno di essere “pedalata” in un modo o nell’altro. Deve essere pedalata per far girare il mondo sotto le sue ruote.

Sai Massimo, qui e ora in verità, in verità ti dico che siamo allora sulla buona strada. Di questo passo e con qualche ulteriore sforzo riusciremo a dare peso e volume a questo grande libro che anch’io sono curioso di scoprire. Mi fa piacere che lo stiamo scoprendo insieme. Mi fa piacere aiutarti a leggere tutto ciò che non è scritto.

Su non montarti la testa ora. Addirittura “in verità” ripetuto due volte come quello vero.

Ti sembro falso? O inesistente? O violento? Irruento? O qualche altro “ente” o “ento” che adesso non mi viene in mente?

Tu mi vedi proprio nel solito (ossessivo) qui e ora. Mi vedi reale e verace a seconda di come tu scegli di volermi vedere e comprendere. Anche Shimoda è riluttante proprio perché non vuole quasi accettare la sua qualità di Messia. Non la vuole accettare un po’ come anche Gesù ne “L’ultima tentazione di Cristo” di Nikos Kazantzakis non vuole accettare di essere l’eletto, il figlio di Dio.

Ma ti immagini come potrebbe essere la vita di qualcuno che ha la grandissima incombenza di dover essere un Messia, un eletto, un Maestro.

Ti svegli un mattino – sempre che non lo sei stato dalla nascita o addirittura prima di questa – e sai che sei uno di quei centri luminosi dell’universo. Quelli di cui fanno capo le varie intelligenze universali. E già, perché non puoi essere solo un eletto su questo pianeta ma lo devi essere per tutto l’universo. Ovvio.

“Ah… ecco.. buongiorno a tutti… sono io…” e intanto fai “ciao ciao” con la manina. “Per prima cosa un buon caffè! Anzi no, forse il caffè fa male, ma qualcuno dice che invece fa bene per altre cose… insomma bevetevi quel cavolo che volete che mi sono già stufato al solo pensiero di dovervi dire tutto quello che dovete o non dovete fare… io il caffè me lo bevo e basta, e se voglio ci puccio anche la brioche, inzupposa o no, alla vostra faccia!”

Pensa che snervamento essere lì tutto il giorno a sorbirsi i piagnistei di personaggi che non hanno ancora letto il libro che vogliono leggere e figuriamoci quindi se stanno poi vivendo la vita che sarebbe ora che vivessero. Pensa che brutto non poter neppure mandarli a … diciamo “quel paese” o meglio ancora a “vaffanzumpappappa”… perché tu sei l’esempio sulla terra che la perfezione esiste e loro ti disturbano per sapere se è il momento di tagliarsi i capelli o se devono farsi crescere la barba.

Terribile. Quasi roba da mettersi da soli i chiodi sulla croce.

Bene. Ora però hai superato il limite. Mi stai dicendo che prima di trovare il libro che voglio leggere dovrei vivere una vita diversa.

Se è quello che hai voluto leggere tra le righe allora è quello che volevi leggervi. Non importa a questo punto cosa io ho cercato di dirti… anzi ciò che ti ho detto chiaro e tondo. Tu manda giù il boccone e non farlo rigirare in bocca, altrimenti diviene cattivo.

Comunque non offenderti in quel modo e non prendere tutto sul personale come se fossi l’unico essere al mondo. Cerca un attimo di renderti conto che queste sono frasi stampate e può darsi che qualcun altro le legga. Quindi non sono necessariamente dirette a te, possono essere indirizzate ad altri.

Veramente sono io che sto scrivendo. Mi risulta un po’ improbabile prendere le cose che sto scrivendo come se fossero da e per un'altra persona. Già, ma come al solito proprio mentre lo scrivo mi rendo conto che invece è proprio così. Oh come sono patetico.

Tiriamoci in quadro dunque. Rimettiamo il campanile al centro del paese. Mettiamo bene i puntini sulle “i” … e poi ributtiamo tutto all’aria per non cadere nella trappola che ci fa credere che tutto deve essere così e non in un altro modo.

Visto che ho capito cosa volevi dirmi mi voglio dare da solo una pacca sulla spalla. Anzi due o tre.

Spero solo che alla fine di questo nostro scambio di… (posso chiamarle opinioni?) tu non venga a dirmi che sapevi già esattamente quale fosse il libro che voglio leggere. Non è che, di colpo, te ne esci con tanto di titolo, autore ed editore accompagnato da squillo di trombe ed effetti speciali? …quelli che si possono fare sulla carta, si intende?

No dai. Mi fido di te. Di chi potrei fidarmi altrimenti.

Ricapitolando ancora:

1.                   il libro che voglio leggere non mi parla direttamente altrimenti ne avrei paura.
2.                   Non contiene messaggi apparentemente casuali che vengono visualizzati a fagiolo in base alla mia necessità
3.                   Non pretende di portarmi le verità assolute, quelle che in tanti vorrebbero conoscere ma che vengono svelate solo a me.
4.                   Non si rivolge solo a me ma anche a altri lettori e lettrici

Ma ti rendi conto?

Cosa?

Stai redigendo una lista di come deve essere il libro che vuoi leggere…

Esatto. Perché? Cosa c’è che non va in questo?

Sembra quasi che vuoi far prendere freddo ad un ghiacciolo. “Punto uno, punto due, punto tre…” Ma mi hai preso per un manuale dei Vecchi Castori da pelliccia? Mi sembrava che il nostro rapporto avesse preso una connotazione più umana. Flessibile. Invece no.

Devi vedere tutto l’insieme delle cose. Non puoi dire in modo assoluto che non ci devono essere discorsi improvvisamente diretti con il te che sta leggendo. Discorsi che possono suggerirti messaggi, verità assolute proprio in quel momento che leggi il tuo libro. Perché no? Perché? Perché? Perché?

Accipicchia! Testa dura.

Ebbene no. Io non so quale potrebbe essere il libro che vuoi leggere. Per quanto ne so io non l’hanno ancora scritto. O forse non lo scriveranno mai. D’altronde chi si metterebbe a scrivere un libro per te. Solo per te?
È sempre questione di varie condizioni che si sovrappongono. Il tuo stato d’animo. Il momento e il luogo (anche se è sempre qui e ora). La tua salute, sia fisica che mentale. Le cose che conosci già e che potresti o meno riconoscere in ciò che leggi. Il tuo gusto personale. Il tuo Ego.

Tranquillo. Lo vedo che proprio ora non sai cosa scrivere. Devi prima riordinare nella tua testa le cose che ti ho appena scritto e che tu hai appena letto. Ti ho sentito sai che stavi pensando che forse le stai leggendo in un altro qui e ora. Non sono così insensibile.


Cos’è, non mi parli più?

Veramente abbiamo smesso entrambi di leggerci/scriverci. Non l’ho fatto solo io.

Permaloso?

Sì, lo sono. Ma non è per quello. È che dopo ciò che mi hai scritto mi stavo chiedendo cosa fosse veramente questa necessità che ho avuto. Quale fosse il senso della ricerca di un libro che vorrei leggere.

Davvero, è proprio strano. Ho cercato di leggere libri che mi sono rimasti veramente indigesti dalle prime pagine tanto da aver dovuto rinunciare al capire almeno di cosa stessero veramente parlando. Anche se alcuni di questi hanno vinto premi o hanno fatto molto discutere il mondo intero, devo dire che non vi ho intravisto assolutamente nulla, neanche fossero stati un elenco telefonico.

Altri invece anche senza leggerli mi hanno riempito l’anima. In quel caso spesso mi è bastato vedere la luce negli occhi di coloro che li hanno letti per sapere che se un giorno dovessi leggerli non me ne pentirei. Non li cerco semplicemente per il fatto che so che sono da qualche parte in attesa che per me sia il momento giusto, o magari proprio non ho bisogno di leggerli perché e tutto riassunto lì, in quella luce che sprigiona dagli occhi che li hanno letti e non occorre che lo faccia anch’io perché li ho già letti usando una mente non mia. Li ho letti con altre parole, con altre frasi, con altri paragrafi e capitoli. Addirittura con altri titoli e altri autori.

Come dicevo nel qui e ora che c’è all’inizio di queste pagine ce ne sono stati alcuni però che veramente mi hanno meravigliato. Questa meraviglia mi è sembrata nascere principalmente da quell’abilità dell’autore nel sapermi trattenere per il bavero anche quando tra le parole scritte e quelle non scritte non stava succedendo nulla di particolarmente importante. Anche quando c’era premuto il tasto di pausa.

Nella maggior parte dei casi non è stata tanto la questione del genere del libro. Non c’entrava se si sia trattato di un romanzo, un giallo, qualcosa sul genere psicologico o un libro per ragazzi.

Semplicemente un testo mi piace o non mi piace, perché il gusto è una cosa diversa per tutti. Così come lo è anche per il vino. Piace o non piace. Quella volta poi con Manuel è stata un’esperienza particolare. Mi aveva invitato ad una degustazione di vini. Il sommelier versava gli assaggi mentre spiegava le varie provenienze, i bouquet, le botti, i vigneti e le storie dei viticoltori (tutti rigorosamente della regione). Al primo assaggio torco un po’ il naso. Quello che sto assaggiando non mi piace e faccio di no con il capo. “Questo è un vino molto particolare” mi dice “ è un barrique!”. Gli dico apertamente che non mi piace. “… ma senta che rotondità nel palato…” e intanto lo assaggia anche lui e continua a sciorinare tutta la sua sapienza per esaltare quella enciclopedia di sapori che lui continua a riconoscere in quel bicchiere.

Lo so. Capisco che a te può piacere, ma se a me non piace non vedo perché devo dirti che lo fa. A un certo punto potrei anche pensare che stai facendo di tutto per convincermi a portartelo via perché te ne vuoi liberare. Stai cercando di convincermi di qualcosa di cui non sono convinto. Visto che piace a te vuoi farmi credere che anche a me deve piacere perché se non mi piace sono uno stolto. “Sa, a me piace il vino con il sapore di merluzzo. Metto sempre un pezzo di merluzzo nella caraffa del vino prima di berlo. È una delizia, una poesia creata da questo incontro tra il terreno sassoso dove cresce il vitigno e la profondità del mar Baltico dove è stato pescato il merluzzo. Rigorosamente con la canna da pesca. Non sia mai che lo si peschi all’ingrosso e selvaggiamente con le reti.”

Ecco cosa non mi piace. Etichettare le cose che devono piacere o non piacere a tutti. Indistintamente. Esattamente come i film di Stanley Kubrik. A me fanno venire il latte alle ginocchia. Non ce n’è uno che sono riuscito a guardare dall’inizio alla fine senza fare l’avanzamento veloce (dove era possibile) o senza addirittura spegnerlo prima della mezz’ora. È inutile che mi si ripeta che sono dei capolavori. Solitamente mi viene detto da persone che si reputano cinefili e conoscitori proprio per il fatto che apprezzano questo genere di film. No. Per me non funziona così. Piuttosto mi guardo qualche film “cazzata” perché almeno so che cosa mi aspetta.

Non potrò mai vedere l’arte in un pezzo di cacca solo perché è quella di un artista che si è divertito ad inscatolarla. Puoi metterci la più bella etichetta con la foto più bella stampata sulla carta migliore. La puoi esporre su uno scaffale con il sottofondo musicale del più grande musicista e illuminata magistralmente dalla semplice luce naturale, ma la sostanza è sempre quella. E non mi piace.

Dopo tutto questo discorso dove vuoi arrivare?

Ancora da nessuna parte sembra. Era solo per convincermi nuovamente che il libro che voglio leggere è veramente quello che mi parla e che, in fondo davvero non ha bisogno di rispettare dei punti numerati per essere quello che voglio leggere perché so che mi piacerà un sacco. E non lo farà solo perché è piaciuto a più del 50% delle persone che lo hanno letto.

Ora dimmi sinceramente. Credi che forse mi permetto di decidere prima come voglio che sia perché ho paura di scoprire che mi potrebbe piacere anche se non è come lo voglio? Astrusa forse come considerazione, ma in questo momento in cui mi sento nudo come un verme e vulnerabile come un bucaneve seppellito da una valanga credo sia la cosa più ovvia. Una dichiarazione in verità in verità, proprio quella che se lo merita due volte di esserlo.

Senti Viskovitz. Qualsiasi emozione tu possa provare nello sfornare considerazioni come queste la devi proprio esternare. Se non dai sfogo alla valvola della pentola a pressione c’è il rischio che quella scoppi e che ti fai male seriamente.

Cosa vuoi però che ne sappia io del perché stai cercando di capire quale sia il libro che vuoi leggere. Finora mi sembra quasi di aver capito che vorresti leggere il libro che narra della tua vita in modo da essere sicuro che il tuo passato sia stato quello. In modo da avere la conferma che sei ancora qui e ora in un presente che, a quanto pare, non è che ti stia dando un sacco di soddisfazioni. O sbaglio?

Certo, fai il ganzo e il figo che ride e che scherza, ma poi di nascosto ti ascolti i brani musicali più tristi per avere la scusa che la lacrimuccia sia dovuta a quella musica. È venuta a galla sì per quella musica, per quel testo e per quei ricordi, ma lei era già lì che aspettava di uscire, e solo tu sai perché sia stata lì. Perché È lì.

Non hai bisogno di dirmelo il perché quella lacrima è lì. Non mi importa. Sono qui forse solo per aiutarti a pedalare. Per aiutarti a far scorrere il mondo sotto le ruote della tua bicicletta. Magari insieme arriviamo da qualche parte. Sarà sempre una qualche parte, quella dove stavamo già andando, ma anche se non lo fosse la stessa fa niente lo stesso.

Credo di essere stanco di pedalare. Quando sono nato e hanno tagliato il cordone ombelicale è come se mi avessero dato in mano il bandolo della matassa dicendomi che da lì in poi erano cavoli miei. Quella matassa ingarbugliata è il bagaglio che mi è stato assegnato e che mi porto in giro nascosto chissà dove. Sempre che sia in questa dimensione. Così io ho iniziato ad arrotolare il gomitolo della mia vita cercando di farlo il più tondo e perfetto possibile.

Per il nocciolo ho avuto bisogno della supervisione dei miei genitori.  Ho iniziato gattonando quasi disordinatamente. Poi i passi. Dapprima incerti e poi sempre più sicuri e decisi.

Ho cominciato a pedalare attorno a quel gomitolo il giorno che ho scoperto che la vita mi appartiene. La mia vita è un gomitolo che diventa sempre più grande. Lo arrotolo pedalando a spirale attorno al mio passato. Un passato che posso raggiungere in ogni momento trivellando attraversando il filo che ho già avvolto, badando bene però di non romperlo, altrimenti dovrei srotolarne un pezzo per annodare i due capi di ri-congiunzione.

A volte pedalo con orgoglio facendo girare il gomitolo sotto di me come se nulla fosse e fischiettando la marcia trionfale dell’Aida o anche con una potenza e una convinzione di poter far tutto nella vita canticchiando Eagle degli Abba:

And I dream I'm an eagle
And I dream I can spread my wings
Flying high, high, I'm a bird in the sky
I'm an eagle that rides on the breeze
High, high, what a feeling to fly
Over mountains and forests and seas
And to go anywhere that I please.

Altre volte sono troppo frettoloso e vado a balla in una discesa vertiginosa e spensierata che, certo, è piacevole, ma fa sembrare che tutto scorra troppo veloce. Troppo veloce. Finché è troppo tardi.

Infine questi momenti. Quelli dove ti va il sangue alla testa perché sei a testa in giù. Quelli in cui devo impegnarmi di più per far scorrere il mio mondo/ la mia matassa in modo da ritrovartelo nuovamente sotto, anche se poi so che non possono esistere un sotto e un sopra se tutto è qui e ora...


Ecco. Mi aiuti a pedalare?







sabato 9 novembre 2013

Today’s mood

(Venerdì 8.11.2013) by Massimo Enzo Grandi

 

Autopostale

 

Anche stamattina ci alziamo in silenzio. Abbiamo smesso di parlarci già da qualche settimana. Da qualche settimana non ci diciamo più “Ti amo”. Bevi il tuo caffé con calma, il tuo sguardo ancora assonnato a tratti si incontra con il mio ma lo distogli poco dopo con un lieve sbuffo che potrebbe sembrare un sospiro.

Alla fermata dell’autopostale le due persone in attesa mantengono le distanze e si direbbe che facciano di tutto per non guardarci, mi sento come fossimo degli appestati. La strada scende dalla valle con i suoi tornanti e le sue strettoie tra i villaggi. Qualche settimana fa proprio in questo punto ricordo benissimo come le mi lacrime scendevano a inzuppare la sciarpa di cashmere che mi ha regalato mia madre l’anno scorso per Natale. Tu mi guardavi ma non capivi, non te ne rendevi conto. Quel giorno il tragitto sembrò interminabile ed i miei occhi guardavano senza più vedere nulla se non tanto dolore.

Siamo alla tua fermata, vorrei tanto tu proseguissi con me fino alla stazione, che mi tenessi per mano, che mi dicessi ancora “ti amo” e che ti metta a fare progetti sul nostro matrimonio… Invece ti alzi senza dire nulla, proprio come qualche settimana fa e mentre scendi dall’autopostale ti giri a guardarmi, gli occhi tristi e stanchi… sembra vuoi dirmi qualcosa ma invece taci e scendi. Rimani in piedi a guardare il mezzo giallo allontanarsi con me sopra. Mi sembra di vedere un piccolo cenno della tua mano, sembrerebbe un saluto ma forse il tuo orgoglio ti impedisce di lasciarmelo notare.

Ecco. Sono alla stazione. Scendendo mi accorgo che sono l’unico ad avere il maglione, la giacca pesante e la sciarpa di cashmer al collo. Quella che mi ha regalato mamma per il Natale scorso. Beh, io vengo dalla montagna e fa più freddo. Ma anche qui fa freddo e mi fa strano vedere tutta quella gente con i vestiti leggeri.

Il mio TILO per Lugano parte alle 8:12, ma da qualche settimana non so perché prendo quello che va verso Chiasso delle 8:07. La prima volta sembravano tutti preoccupati per me. Chi strillava, chi mi fissava pallido in volto e allibito e qualcuno addirittura ha vomitato. Da quel giorno in poi però non l’hanno più fatto, anche se la loro espressione è sempre smarrita e tutti mantengono una certa distanza, come fossi appestato. Il treno riparte ma io sono sempre lì al freddo… anche se non fa freddo perché sono tutti vestiti leggeri. La sciarpa di cashmere al collo, il maglioncino e la giacca pesante… ma ho sempre freddo.

È sera e andiamo a letto nel più assoluto silenzio. Ti sento trattenere il respiro per un attimo e poi, singhiozzando, ti volti verso di me. Mi guardi diritto negli occhi e mi dici ancora “Ti amo” stringendomi forte. Ci addormentiamo abbracciati come sempre.

Ci alziamo in silenzio. Abbiamo smesso di parlarci già da qualche settimana, ma la sera a letto trattieni il respiro e singhiozzando ti volti verso di me a dirmi “Ti amo” e mi abbracci. In quel momento mi sembra di non sentire più il freddo ma non riesco a togliere la sciarpa di lana, o il maglioncino o la giacca pesante…

venerdì 23 agosto 2013

… Semplicemente ad ascoltare…

(by Massimo Enzo Grandi)

Bacchus

 

Ci sono attimi in cui la pressione dei pensieri è così forte che si pensa la mente possa scoppiare. Stop! e tutto improvvisamente si acquieta, ma non scompare. Le situazioni, i desideri, le costrizioni, tutte ancora lì pronte ad assalirti appena distogli l’attenzione, lo sguardo… la consapevolezza della loro pericolosità. Senti benissimo come rumoreggiano nella loro prigione provvisoria fatta di sbarre di fermezza. Ti rendi conto che quelle sbarre non sono sicure, ti costa inoltre molta fatica mantenerle salde attorno al pericolo pronto a divorarti il senno.

L’unica via di salvezza è di liberare quelle fiamme che – sia in un modo che nell’altro – ti consumano, ti indeboliscono rendendoti vulnerabile ad altri nuovi nemici. Ma allentando le sbarre sai che cadresti vittima di un fuoco fatto di nulla, perché sei da solo, e questo nulla è molto potente nei tuoi confronti. Basterebbe soltanto qualcuno che stesse semplicemente ad ascoltare e il nulla si perderebbe nella sua stessa essenza di nulla… Qualcuno che sappia tacere ed ascoltare, cosa che purtroppo è più difficile di quanto non si pensi.

Come fai a saperre che è così difficile? Ma lo sai semplicemente perché anche tu fatichi a startene lì semplicemente ad ascoltare. Tacere ed ascoltare. Siamo così presi da noi stessi che ci è quasi impossibile ammettere che esista un’altro possessore di consapevolezze e responsabilità oltre a noi stessi. Crediamo sia una nostra prerogativa e ci perdiamo a rubare la parte di “primo attore” ai nostri antagonisti non appena ne abbiamo l’occasione. Semplicemente così, senza accorgercene, riteniamo che chi ci sta raccontando qualcosa lo stia facendo esclusivamente perché ha bisogno del nostro saggio responso in merito a qualsiasi argomento. Certo a volte è proprio un consiglio o un aiuto che ci viene richiesto, ma sovente questi casi capitano proprio quando non abbiamo la risposta giusta o non abbiamo la possibilità, o la voglia, di fare veramente qualcosa.

Quando scopri come sia vero tutto ciò inizi a prestare più attenzione quando succede. E quando lo fai ti rendi conto di come sia dura tacere, semplicemente ascoltare, non commentare, non dare consigli e permettere così al tuo interlocutore di liberare il suo “fuoco” in modo che possa liberarsi nel nulla cui appartiene.

Come in tutte le cose ci vuole un duro lavoro su se stessi, tanto esercizio e volontà che però verranno ripagati. Si scoprirà anche come annuire al racconto di qualcuno non significhi condividere le sue opinioni o conferirgli il giudizio positivo sul suo comportamento o sulla situazione che ti sta raccontando, ma bensì significa che si sta seguendo il suo racconto con attenzione. Il suo giudizio rimarrà comunque solo ed esclusivamente il suo, anche se qualcuno potrebbe cercare di far passare il nostro annuire come un’approvazione, perché anche noi abbiamo sempre creduto che questo annuire fosse appunto approvazione, e non ciò che realmente è: attenzione e comprensione sul nulla che se ne va lasciando che si spengano le fiamme.

Pensaci la prossima volta che chiedi a qualcuno come sta e questi ti risponde che ha il mal di stomaco, o il mal di testa, che non ha dormito bene, non ha digerito o chissà quale altro risposta. Realizza una volta per tutte che non ti sta chiedendo un rimedio per il suo mal di stomaco o per il suo mal di testa ma ti sta semplicemente dicendo di avere quel sintomo o quel particolare problema. Evita quindi di dirgli che deve prendere quel particolare the, o la pastiglia XY  perché probabilmente lo ha già fatto o lo sta facendo. Se veramente avesse bisogno del tuo consiglio te lo chiederebbe direttamente in modo comprensibile. Non puoi pensare che sia così meno intelligente di te per non sapere cosa deve fare. Non sentenziare che si sente così perché ha mangiato o bevuto troppo, o perché va a letto troppo presto o troppo tardi. Questi consigli e sentenze dimostrano soltanto quanto non tieni in considerazione questa persona e quanto tu ti senta superiore ad essa. Tanto superiore da farla sentire addirittura inferiore e farglielo pesare. Questo si chiama “annientare”, ma non il fuoco che queste persone devono liberare, ma la persona stessa… proprio così! Finché ritieni che questa persona abbia fatto, faccia, o stia facendo qualcosa di sbagliato solo perché questo è il tuo parere, beh… allora credo che quello che sta sbagliando tutto non è l’altra persona.

Il vero amico non è quello che dice quello che devi fare perché quello che stai facendo è sbagliato. Il vero amico è quello che ti ascolta, non ti giudica e se necessario sbaglia con te o ti sostiene se hai sbagliato. Non sarà mai quello che non ti permette di vivere la tua vita ma pretende che tu viva la sua…

martedì 6 agosto 2013

Voglio…


(by Massimo Enzo Grandi – 2012.11.28


Voglio essere fuori di testa giorno e notte. Voglio vivere nell’utopia di un mondo illusorio o almeno nel mondo che ora ritengo illusorio ma che quando mi ci trovo mi fa apparire illusorio questo.




D - Chi sono?
R - Nessuno.
D - Cosa faccio qui?
R - Niente.
D - Da dove vengo?
R - Dal nulla.
D - Dove vado?
R - Nel nulla.
D - E cosa è “Qui e Ora”?
R - L’illusione.
D - L’illusione di chi?
R - La mia.
D - E tu chi sei?
R - Nessuno.
D - Da dove vieni?
R - Dal nulla.
D - Dove vai?
R - Nel nulla.
D - E cosa è il tuo “Qui e Ora”?
R - L’illusione.
D - L’illusione di chi?
R - La tua.
D - Cioè noi siamo la nostra reciproca illusione?
R - Esatto.
D - E tutto ciò che vedo e sento?
R - Fa parte solo della tua illusione.
D - E perché solo della mia e non della tua?
R - Perché tu che sei la mia illusione hai la capacità di creare delle illusioni come ce l’ho io.
D - Quindi esistiamo solo io e te?
R - No. Esiste solo la nostra illusione.
D - Un po’ complesso, mi sembra, questo discorso.
R - Niente affatto se lo guardi dalla parte giusta.
D - Non ne sono convinto. Devo rileggerlo con calma dopo il risveglio.
R - Non esiste nessun risveglio.

(c) Massimo Enzo Grandi
domenica 4 agosto 2013

Le Massime di Massimo



La felicità è uno Stato dove non serve il passaporto per entrare, basta un sorriso.

L’uomo vede solo ciò che sa fare e non riconosce ciò che potrebbe fare.

Tutti siamo interessati alle cose che ci procurano piacere, ma non ci rendiamo conto che non sono le stesse per tutti.

Chi vede oltre l’orizzonte sta guardandosi alle spalle.


Ogni parola detta è un alleggerimento del proprio interesse.


Le sole cose che contano solitamente le abbiamo già.


Dove manca l’amore non esiste nulla.


Le idee più lontane dalla realtà ci sembrano sempre le più belle, se solo sapessimo che la realtà non è quella che riteniamo tale…


Anche le persone più importanti sono solo persone.


Ridere fa bene al corpo fisico ma sapere per cosa si ride fa bene anche alla mente.


Sognare una vita migliore significa non amare quella che si ha.

Fare all’amore può aiutarci più di quanto lo faccia dieci sedute dallo psichiatra. Il sesso non è lo stesso. È solo come prendere l’appuntamento.

La malattia è una scusa per non affrontare più la realtà che si è scelta.

Dove la terra non ha mai visto l’uomo non esiste tristezza e non può esistere la menzogna.

Alcuni credono ancora che fare del male sia ingiusto e intanto credono di fare del bene combattendo contro quelli che secondo loro lo fanno.

Come la notte arriva al calare del sole, la terra si rilassa certa del nuovo giorno.

L’acqua più fresca è quella che ha percorso più strada lontano dalla luce del sole.

Ogni opera umana dovrebbe avere uno scopo profondo e quindi senza prezzo.

Non occorre continuare a pensare al domani. Ciò che arriva è ciò che abbiamo chiesto.

Il gioco della vita è il più reale che possa esistere. Impara a divertirti giocandolo.

Lo stesso cibo può avere sapori diversi se sai usare la tua fantasia.

Le stelle nel cielo sono nulla in confronto ai pensieri che nascono e muoiono ogni istante nella mente divina.

La vera differenza tra due esistenze è solo il pensiero che una ha dell’altra.

Molti sono i nomi di chi vede con gli occhi della fede.

La religione è solo un tentativo di soggiogare la divinità al nostro servizio.

La vera spiritualità è unica per ognuno di noi.

La preghiere è l’espressione di qualcosa che neppure noi riconosciamo ma che cerchiamo di sfruttare.

Solo con la fede possiamo veramente capire cosa sta avvenendo in noi e attorno a noi.

Dimenticare se stessi come forma fisica è il primo passo verso la distruzione della creazione stessa.

La realizzazione dei nostri desideri avviene solo quando smettiamo di modificarli.

Ogni giorno c'è una sfera d'esistenza da creare.

Ciò che percepisci con i tuoi sensi (tutti) è solo lo strascico del tuo qui e ora. Il tuo vero qui e ora è ciò che dà il via alle percezioni sensoriali.

Quando non hai una meta dove andare, arrivi più in fretta in posti meravigliosi.

Nemmeno la più bella delle storie inizia con "e vissero felici e contenti".

Non c'è limite alla nostra spiritualità (= la ricerca di ciò che unisce tutti gli esseri).

Analizzando una cosa sarebbe utile invertire le parti tra “io” che analizza e la “cosa” che sto analizzando.


lunedì 8 luglio 2013

Maya, la grande illusione

(by Massimo Enzo Grandi)

Solitamente si ritiene reale tutto ciò con cui si può entrare in contatto fisicamente, tutto ciò che causa delle reazioni a livello di sensi. Sensi che solitamente limitato a 5, visto che tutto il resto viene automaticamente catalogato in un universo immaginario o fantascientifico, e questo probabilmente anche a ragione in quanto “gli altri” non sono misurabili con dati precisi e test affidabili basati – naturalmente – sui 5 sensi “riconosciuti”.

Le sensazioni e le emozioni? Semplici reazioni chimiche a determinati impulsi in precise zone del cervello che, a dipendenza della situazione, rilasciano una determinata sostanza chimica più che un’altra. Ecco che viene da chiedersi:  sono davvero queste reazioni chimiche che ci fanno provare emozioni o avere sensazioni? Si tratta prevalentemente di neutrasmettitori, sostanze come per esempio la dopamina, adrenalina, serotonina ecc., che agiscono sul nostro corpo e sulla nostra mente in quel preciso modo legato alla sensazione o all’emozione provati.

La prova ne sono anche i test in cui queste sostanze vengono indotte artificialmente nell’organismo causando le stesse reazioni emotive al soggetto… ma pensandoci bene però è facile realizzare che nel caso di induzione meccanica del neurotrasmettitore nell’organismo si ha una reazione ad una precisa azione, mentre nel caso di produzione spontanea si tratta di reazione proprio alle emozioni e alle sensazioni, non il risultato di un’azione che comporta degli elementi relativi ai 5 sensi primari.

Due procedimenti simili dove in un caso il “risultato” è l’emozione mentre nell’altro l’emozione ne è la causa… Così si giunge alla conclusione che la naturale reazione chimica prodotta spontaneamente dal nostro cervello è una conseguenza dell’emozione, non la causa, e che la sensazione apportata con l’induzione artificiale è solo una illusione e l’emozione provata è una reazione, non reale, …illusoria.

In molti casi la valutazione dell’emozione o della sensazione avviene con una decisa influenza – per lo più negativa – di “imprinting” di situazioni già vissute e che portano ad “anticipare” una determinata reazione fisica. Nel momento infatti che per esempio si è provato disgusto davanti ad una situazione, si immagazzina nella memoria l’immagine generale e complessiva di quella situazione abbinata alla situazione di disgusto. In questo modo si proverà quella sensazione ogni qual volta ci si troverà confrontati con qualsiasi cosa che era presente nel momento dell’imprinting. Quindi non necessariamente la vera causa della sensazione di disgusto, ma a volte anche solo il luogo dove il fatto originario ebbe luogo, o i suoni percepiti, o qualsiasi altro fattore fosse stato in quel momento chiaramente presente ai nostri 5 sensi “riconosciuti”.

Fortunatamente – sempre che ci si voglia liberare di questi ostacoli – per sciogliere la maggior parte di questi abbinamenti “controproducenti” esistono vari metodi descritti da diverse correnti di pensiero e anche dalle religioni (vedi per esempio gli “Engram” di Scientology, Rebirthing o anche EFT) ma comunque tutti legati alla rivisitazione attiva e cosciente dei minimi dettagli dell’episodio in modo da “isolare” la vera causa della “sensazione negativa”, proprio come viene anche messo in pratica dalla psicologia.

Ma se allora è l’emozione o la sensazione (sia al lordo che al netto dei fardelli supplementari che la causano) a innescare questa reazione chimica che rilascia i neurotrasmettitori proprio in quel preciso momento e con quelle precise conseguenze, cosa ne possiamo dedurre, cosa significa?

Semplicemente che esiste un livello di sensi oltre i 5 canonici. Significa che c’è “qualcosa che” possiede una propria logica e possibilità di scelta… ma questo qualcosa non sono senz’altro l’emozione o la sensazione stesse, in quanto queste sono solo dei “veicoli” di trasmissione di informazioni, che questo “qualcosa” è in grado di interpretare, elaborare e restituire sotto un’altro aspetto queste informazioni in modo da ottenere le reazioni chimiche/emotive…

Probabilmente questo “qualcosa” è il nostro stesso Essere, che non è un’identità definità. Non è neppure analizzabile in quanto siamo troppo occupati ad analizzare i “cosa”, “come” e i “perché”, misurabili con i soliti 5 sensi, e tralasciamo il semplice “essere” che ne implica molti altri che, come prova della loro esistenza, sono sperimentabili esclusivamente nel momento in cui vengono utilizzati e non lasciano tracce tangibili della loro manifestazione.

Se da una parte i 5 sensi comuni non sono in grado di interagire con  gli altri sensi, gli altri (quando attivi e presenti) ci permettono di interagire con i primi 5 in modo sorprendente. Siamo infatti in grado di “spegnere” la sensazione di dolore, di guardare senza vedere, udire senza ascoltare, sentire o meno i sapori e gli odori… quindi, oltre ad offrirci la possibilità di provare delle esperienze a livelli “inspiegabili”, questi sensi supplementari hanno un certo potere anche sulla nostra volontà. Potere che purtroppo non è analizzabile, in quanto nuovamente “escluso” dagli altri 5 sensi, ma solamente sperimentabile.

Questo meccanismo dovrebbe aiutarci a capire che ciò che sperimentiamo effettivamente con i 5 sensi usuali è esclusivamente il “frutto” di una volontà che non risiede in ciò che sperimentiamo ma bensì in un altro “stato d’essere”, e cioè nel cosiddetto “altro mondo” dove, in modo ancora inconsapevole, siamo sovrani, Re.

Mentre quello che questa volontà ci mostra in “questo” mondo è solo illusione – “Maya, la grande illusione” come la chiamano gli induisti – il vero “signore” che decide su questa illusione risiede in uno stato mentale dell’unica cosa veramente esistente: l’essere supremo che è il Sé, cioè quella parte di “noi” che non è abbagliata da Maya, in quanto consapevole che si tratta di una sua volontaria immaginazione.

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